La Chiesa di San Francesco di Paola è una ex chiesa conventuale dell’Ordine dei Minimi, dedicata a san Francesco di Paola, situata nell’isola di Ortigia a Siracusa. L’edificio fu costruito agli inizi del XVIII secolo (fondazioni nel 1705, completamento intorno al 1735) e dopo la soppressione dell’ordine nel 1866 fu dismesso e adattato ad altri usi. Sconsacrata nei primi decenni del ’900 e destinata a funzioni scolastiche, la chiesa è stata restaurata negli anni 2000 e dal 2010 il complesso dell’ex chiesa e convento ospita la sede dell’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali (Siracusa International Institute).
Da non confondere con la chiesa di San Francesco all’Immacolata di Siracusa, dedicata a san Francesco d’Assisi.
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| Dedicazione | San Francesco di Paola |
|---|---|
| Tipologia | ex chiesa conventuale dei Padri Minimi (Paolotti) |
| Ubicazione | via Giuseppe Logoteta 29 (ang. via della Giudecca), Ortigia, Siracusa |
| Quartiere | Giudecca |
| Coordinate | 37°03′34″ N, 15°17′41″ E |
| Ordine religioso | Ordine dei Minimi |
| Fondazione | 1705 (fondazioni) |
| Completamento | 1735 circa |
| Stato | sconsacrata; sede ISISC (Siracusa International Institute) |
| Proprietà/uso | Comune di Siracusa (proprietà); concessa in uso all’ISISC |
| Vincoli | bene culturale tutelato; incluso nel sito UNESCO “Siracusa e Pantalica” (2005) |
| Restauro | 2007–2010 (fin. Reg. Siciliana 2004, €6,5 mln); riaperta 4 dicembre 2010 |
Identificazione
La chiesa sorse come luogo di culto conventuale dell’Ordine dei Minimi (i cui frati sono detti popolarmente “Paolotti”) ed è intitolata a san Francesco di Paola, fondatore di tale ordine. In alcuni documenti storici viene indicata anche come “chiesa dei Minimi” o “chiesa dei Paolotti”.
L’edificio faceva parte del complesso monastico dei Padri Minimi, comprendente l’adiacente convento. Oggi la chiesa è sconsacrata (spesso ci si riferisce ad essa semplicemente come ex chiesa di San Francesco di Paola) e, insieme all’ex convento, ospita la sede dell’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali (ISISC, conosciuto anche come Siracusa International Institute).
Localizzazione e contesto urbano
L’ex chiesa e l’ex convento di San Francesco di Paola si trovano nel cuore di Ortigia, centro storico di Siracusa, nel quartiere della Giudecca. L’edificio è situato in via Giuseppe Logoteta n. 29, all’angolo con via della Giudecca, di fronte alla chiesa di San Giovanni Battista (detta San Giovannello) in piazza del Precursore. La via Logoteta in questo tratto si allarga formando un piccolo slargo, sul quale si affacciano abitazioni, attività commerciali e la facciata della chiesa con l’annesso ex convento.
L’immobile ricade nell’area monumentale di Ortigia, riconosciuta come Patrimonio dell’umanità UNESCO (sito “Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica”, dal 2005), ed è tutelato come bene culturale ai sensi della normativa italiana sui beni culturali.
Storia
Origini dell’Ordine a Siracusa
I Padri Minimi giunsero a Siracusa nel 1576, ottenendo dal vescovo Gilberto Isfar il permesso di stabilirsi e dalla Confraternita di Sant’Antonio Abate la concessione della loro chiesa ubicata fuori le mura cittadine. Questa prima chiesa, dedicata a Sant’Antonio Abate (detta Sant’Antonio fuori le mura), fu però destinata alla demolizione nel contesto delle opere di fortificazione spagnole: quando si decretò l’abbattimento delle chiese prossime ai nuovi bastioni, i Minimi dovettero lasciare quella sede.
Ottennero nel 1679 di trasferirsi entro le mura, stabilendosi provvisoriamente nell’ex convento di Santa Chiara presso la chiesa dello Spirito Santo. Tale sistemazione era tuttavia angusta, perciò i frati pianificarono la costruzione di un nuovo convento con chiesa annessa nel quartiere Giudecca, di fronte alla chiesa di San Giovannello già citata. La scelta di questo luogo suscitò inizialmente l’opposizione di altri ordini religiosi presenti in zona (in particolare i Frati Conventuali e i Domenicani), ma il Senato di Siracusa e il Viceré diedero il nullaosta.
Edificazione settecentesca
Nel 1705 vennero gettate le fondamenta del nuovo complesso conventuale e della chiesa. I lavori di costruzione durarono circa trent’anni, e la chiesa fu sostanzialmente completata entro il 1735. In ricordo dell’antica chiesa di Sant’Antonio Abate che i Padri Minimi avevano perduto, fu imposto di incidere sulla sommità della cupola la dedica “DIVO ANTONIO ABATI”. La chiesa divenne così il centro del convento dei Minimi di Ortigia, dove i religiosi (detti popolarmente Paolotti) officiavano le liturgie e diffondevano la devozione verso San Francesco di Paola e, per tradizione, verso Sant’Antonio Abate.
Soppressione e trasformazioni
In seguito alla legge di soppressione degli ordini religiosi del 1866, il convento fu incamerato dallo Stato e assegnato al Municipio di Siracusa. L’edificio conventuale venne destinato a scuola pubblica (Scuola Tecnica), mentre la chiesa rimase formalmente aperta al culto, pur priva della comunità monastica originaria. Negli anni successivi la chiesa fu affidata ad un rettore (senza stipendio) per garantire le funzioni religiose basilari ai fedeli. Documenti comunali attestano interventi di adattamento: ad esempio una delibera del 14 novembre 1871 autorizzò la costruzione di una scala in legno che dalla chiesa conduceva al campanile, richiesta dal direttore della scuola per separare gli ambienti scolastici da quelli ecclesiastici e “nell’interesse delle pratiche religiose e scolastiche”. Questa indicazione mostra come chiesa e convento fossero compresenti: la scala, costruita sul lato sinistro della chiesa, permetteva un accesso indipendente al campanile senza interferire con le attività didattiche.
Col tempo, la scarsità di clero e le mutate esigenze portarono alla chiusura al culto dell’edificio sacro nei primi decenni del ’900. Negli anni 1920 il Comune di Siracusa perfezionò uno scambio con la Curia: cedette alla diocesi la nuova chiesa del Pantheon (all’epoca di proprietà comunale) ed ottenne in cambio la proprietà della chiesa dei Minimi. La municipalità, già proprietaria dell’ex convento adiacente, poté così accorpare anche la chiesa agli spazi scolastici. Il risultato fu nefasto: l’interno della chiesa venne stravolto per ricavarvi aule, con la costruzione di tramezzi e solai che suddivisero l’unica navata originaria. In questa fase andarono perduti o dispersi quasi tutti gli arredi sacri e le decorazioni originali. La chiesa, da questo momento completamente sconsacrata, cessò ogni funzione liturgica e divenne di fatto un’appendice della scuola. Non risultano danni specifici subiti durante la Seconda Guerra Mondiale, ma nel complesso il degrado strutturale aumentò col tempo, complice l’uso improprio e la mancanza di manutenzione come edificio di culto.
Restauri e riuso contemporaneo
A partire dagli anni 2000 si è sviluppato un progetto di recupero dell’ex chiesa e convento. La Regione Siciliana stanziò fondi per il restauro (nel 2004 fu approvata una rimodulazione del finanziamento fino a circa 6,5 milioni di euro) e i lavori di consolidamento e restauro si sono svolti nella seconda metà degli anni 2000. Dopo un importante intervento conservativo, il complesso è stato destinato a sede dell’Istituto Internazionale di Scienze Criminali: la riapertura in questa nuova veste è avvenuta con una cerimonia inaugurale il 4 dicembre 2010, alla presenza di autorità locali, regionali e internazionali.
Il restauro, pur non ripristinando integralmente l’originaria configurazione interna (sono rimaste alcune suddivisioni novecentesche), ha messo in luce parti settecentesche del convento e recuperato alcuni elementi decorativi della chiesa. Oggi la chiesa, sconsacrata, non è aperta al culto ma ospita convegni, corsi e attività dell’istituto di ricerca.
Architettura
Esterno
La chiesa di San Francesco di Paola presenta le forme tipiche del barocco settecentesco siracusano, ma con proporzioni singolari. La facciata, realizzata in pietra calcarea locale, è stretta e sviluppata in altezza, differenziandosi dalle fronti di molte altre chiese ortigiane più larghe e monumentali. Essa è scandita verticalmente da due grandi paraste con capitelli corinzi che la suddividono in tre stretti settori. Al centro si apre il portale d’ingresso, sormontato da un timpano in forma di triangolo spezzato; al di sopra del timpano è collocato uno scudo araldico recante l’stemma dei Frati Minimi (raffigurante probabilmente i simboli dell’Ordine). Più in alto, in asse col portale, si apre un ampio finestrone anch’esso ornato da un timpano mistilineo: di forma semicircolare esternamente e contenente un piccolo frontone triangolare all’interno. La parte sommitale della facciata termina con un coronamento semplice, probabilmente un timpano triangolare (deducibile dalle foto storiche e dagli elementi residui). Sul lato sinistro dell’edificio si trova un piccolo campanile, addossato o incorporato nella struttura – elemento di servizio al culto – del quale si ha notizia storica (la scala costruita nel 1871 per accedervi), ma oggi ne rimane una traccia visiva modesta.
Dal punto di vista urbanistico, la chiesa non dispone di un sagrato ampio: prospetta direttamente sulla via, rialzata di pochi gradini. Il prospetto laterale è poco visibile, inglobato nelle costruzioni adiacenti. L’adiacente ex convento, sviluppato su più piani attorno a un cortile interno, è anch’esso in pietra con linee sobrie; la facciata conventuale su via Logoteta presenta balconi e portali semplici. Complessivamente, l’esterno del complesso chiesa-convento oggi si fonde con l’isolato urbano circostante, segnalato all’esterno solo dalla particolare facciata barocca della chiesa.
Interno
L’interno originario era ad un’unica navata rettangolare allungata, coperta probabilmente da una volta a botte decorata o affrescata, culminante in un’abside con cappella maggiore. Le fonti storiche descrivono la navata ornata da eleganti stucchi policromi settecenteschi lungo le pareti e la volta. Vi erano altari laterali barocchi addossati alle pareti: in particolare si conservano (almeno in parte) due altarini laterali arricchiti da sculture in stucco di pregevole fattura, attribuibili alla scuola di Giacomo Serpotta (famoso stuccatore palermitano del ’700). Il presbiterio ospitava l’altare maggiore in marmi policromi, sormontato da una piccola cupola decorata anch’essa con stucchi del XVIII secolo. Tale cupola – posta sopra l’area dell’altare – era visibile anche esternamente sulla copertura della chiesa e riportava la già citata iscrizione dedicatoria a Sant’Antonio Abate sulla lanterna sommitale.
Oggi, a seguito delle alterazioni novecentesche, gran parte delle decorazioni interne originali non è più visibile: restano le strutture murarie di base, i due altari laterali con gli stucchi (parzialmente restaurati) e tracce degli ornamenti a stucco sulle volte e sulle pareti della navata. Gli spazi interni sono stati adattati a sale conferenze, biblioteca e uffici dell’istituto, rispettando dove possibile le preesistenze architettoniche (ad esempio lasciando a vista porzioni di cornici, capitelli e affreschi riemersi durante il restauro). L’effetto complessivo attuale è quello di un interno in parte moderno, ma con segmenti storici integrati e riconoscibili.
Opere e arredi
Nel corso del XVIII e XIX secolo la chiesa custodì diverse opere d’arte sacra, quasi tutte perdute o trasferite in seguito alla sconsacrazione. Le fonti riportano la presenza di due dipinti di pregio sugli altari: uno raffigurante Sant’Antonio Abate e un altro San Francesco di Paola, entrambi opere di un pittore di scuola messinese indicato come “Fragonio il Messinese”. Queste tele erano molto venerate, legando il culto del titolare della chiesa (San Francesco) con la memoria di Sant’Antonio Abate (alla cui confraternita i Minimi erano debitori per l’antica chiesa fuori le mura). Non è chiaro che fine abbiano fatto tali dipinti: è probabile che siano andati dispersi o trasferiti altrove (forse in deposito presso la Curia o al museo diocesano) quando la chiesa venne chiusa.
Allo stato attuale, all’interno della ex chiesa non è rimasto nulla di visibile oltre ai due altari laterali citati, a conferma che altari, tele, statue e arredi mobili originali sono stati rimossi. Si ha notizia di alcuni elementi artistici: le sculture in stucco dei due altari laterali (raffiguranti angeli o santi in rilievo), riemerse durante il restauro e attribuibili alla bottega serpottiana come già detto; inoltre il bassorilievo araldico con lo stemma dei Minimi sul portale di facciata, ancora ben conservato. È possibile che esistano iscrizioni o lapidi legate alla storia del convento, ma eventuali epigrafi sepolcrali o dedicatorie non sono citate dalle fonti disponibili. Anche l’eventuale organo a canne non è documentato (spesso le chiese conventuali dei Minimi ne avevano uno di piccole dimensioni, ma in questo caso potrebbe essere andato distrutto).
In sintesi, le uniche opere d’arte ancora in loco sono quelle parte integrante dell’edificio stesso: gli stucchi decorativi settecenteschi superstiti e alcuni elementi architettonici originali (cornici, capitelli, modanature barocche). Tutto il resto del patrimonio artistico un tempo custodito nella chiesa è andato perduto o rimosso a causa delle vicende storiche (soppressione e uso profano). In assenza di un inventario pubblico noto, rimane incerto il destino specifico delle tele e di eventuali statue o reliquiari che arricchivano la chiesa tra Sette e Ottocento.
Uso e tradizioni
La chiesa di San Francesco di Paola non fu sede di parrocchia territoriale, bensì chiesa conventuale dell’Ordine dei Minimi. Durante il XVIII e XIX secolo fu regolarmente aperta per le messe e le funzioni legate alla comunità dei frati e ai fedeli della zona Giudecca. I frati Minimi celebravano con particolare solennità la festa liturgica del loro fondatore San Francesco di Paola (2 aprile) e con ogni probabilità onoravano anche Sant’Antonio Abate (17 gennaio), considerato il legame storico con la loro prima chiesa: la presenza di un dipinto di S. Antonio e l’iscrizione sulla cupola indicano che ne custodivano il culto in forma commemorativa. Non risultano però tradizioni popolari di largo seguito legate a questa chiesa, né processioni esterne documentate: trattandosi di un convento di clausura maschile, il culto aveva carattere più interno e devozionale.
Dopo la soppressione dell’ordine nel 1866, la chiesa rimase aperta con un servizio ridotto (affidata a un rettore nominato, ma senza parrocchia). È presumibile che, fino agli inizi del ’900, vi si continuassero a celebrare messe occasionali e forse novene in onore di San Francesco di Paola, ma l’affluenza doveva essere modesta e confinata al vicinato. Con la chiusura e la sconsacrazione avvenuta entro i primi decenni del ’900, ogni uso liturgico cessò definitivamente.
Nel periodo successivo (anni ’20–2000) l’edificio non ebbe alcun ruolo nei rituali religiosi cittadini. Le feste e le devozioni legate a San Francesco di Paola a Siracusa, se presenti, si svolgevano altrove (ad esempio in un santuario omonimo di un’altra località o in contesti privati). Ortigia ha proprie importanti feste patronali (Santa Lucia in primis), mentre San Francesco di Paola non risulta tra i santi celebrati pubblicamente a Siracusa città in epoca recente.
Dopo il restauro e la rifunzionalizzazione del 2010, l’ex chiesa viene utilizzata esclusivamente per scopi culturali e istituzionali (conferenze, cerimonie laiche, incontri internazionali di studio). In alcune occasioni speciali, l’istituto ha aperto al pubblico l’aula maggiore (la navata restaurata) per eventi culturali, offrendo di fatto alla cittadinanza la possibilità di rivedere l’interno di questa antica chiesa, seppur spogliato della sua sacralità originaria.
Stato attuale e restauri
Attualmente la chiesa di San Francesco di Paola si presenta chiusa al culto e adattata ad uso secolare come sala convegni e spazio di rappresentanza dell’ISISC. Esternamente conserva intatta la facciata barocca, restaurata e ripulita, che costituisce la principale testimonianza visibile del monumento. L’adiacente ex convento (oggi uffici e foresteria dell’istituto) è anch’esso restaurato e mantenuto in buone condizioni.
Dal punto di vista strutturale, l’edificio è stato oggetto di un importante intervento di consolidamento tra il 2007 e il 2010 circa: sono state rinforzate le murature, rifatte le coperture e adeguati gli interni alle norme di sicurezza, mantenendo però alcune delle modifiche novecentesche (come i solai intermedi all’interno della navata). Durante i lavori sono riemersi elementi originali che erano stati coperti o danneggiati: ad esempio, eliminando controsoffitti e intonaci moderni, si sono potuti mettere in luce stucchi settecenteschi in buono stato nel convento e frammenti di decorazioni nella chiesa. Tuttavia, l’interno della ex chiesa non è stato ripristinato integralmente: la conformazione attuale resta quella alterata dalla scuola (con suddivisioni interne), poiché demolire le strutture aggiunte avrebbe comportato la distruzione delle finiture storiche superstiti e degli equilibri statici ormai consolidati. Si è preferito dunque un compromesso conservativo, esaltando ciò che restava delle parti antiche in un contesto funzionale nuovo.
Per quanto riguarda lo stato di conservazione, oggi la fabbrica appare solida e curata. La facciata è integra e protetta; il tetto è stato rifatto scongiurando infiltrazioni; gli stucchi e le parti d’arte recuperate sono stati trattati e consolidati. Nulla rimane dell’antico arredo liturgico, ma come edificio storico la chiesa è salva e valorizzata nel nuovo utilizzo. L’accesso al pubblico non è libero: si può visitare l’interno solo in occasione di eventi o con permessi speciali, essendo sede di un’istituzione. Dall’esterno, invece, la chiesa è visibile a chi percorre via Logoteta, contribuendo al panorama monumentale del quartiere Giudecca.
Dal punto di vista amministrativo, l’immobile è di proprietà comunale (Comune di Siracusa) e dato in concessione d’uso all’ISISC (Siracusa Institute). Esso rientra tra i beni culturali vincolati: come edificio storico, ogni intervento è sottoposto alla tutela della Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa. L’intero centro storico di Siracusa (Ortigia) è inoltre incluso nel Patrimonio Mondiale UNESCO dal 2005, il che implica ulteriori garanzie di conservazione e valorizzazione. In anni recenti, la Soprintendenza ha pianificato interventi di manutenzione programmata sul complesso: ad esempio, risultano stanziati fondi nel 2019 per lavori sulla “Chiesa di S. Francesco di Paola in Ortigia” (opere di rifinitura non dettagliate nelle fonti). In generale, comunque, il complesso è oggi un bene architettonico recuperato e rifunzionalizzato con successo, sebbene la fruizione pubblica come luogo d’arte sia limitata.
Accessibilità
Accessibilità motoria
La chiesa affaccia su uno slargo pavimentato in pietra, a quota strada, quindi la visione esterna della facciata è possibile senza superare dislivelli. La fruizione cambia se si punta all’ingresso: il portale principale è rialzato e richiede una scalinata con pianerottolo. Non risultano rampe fisse, servoscala o corrimano, quindi l’accesso autonomo in carrozzina non è garantito. Anche per chi cammina con difficoltà, i gradini e la pietra possono creare incertezza, specie se la superficie è liscia o bagnata. Lo spazio davanti al portale può restringersi per la sosta dei veicoli e per elementi d’arredo (fioriere, dissuasori), con riduzione dell’area di manovra. Va tenuto presente pure l’uso attuale: l’edificio risulta sede istituzionale e non chiesa in esercizio; l’accesso interno può avvenire solo in occasioni specifiche o su appuntamento, con modalità che incidono sulla fruibilità reale.
Accessibilità visiva
La facciata, chiara e ben leggibile, offre riferimenti visivi netti (volumi, cornici, paraste) che aiutano l’orientamento di chi ha un residuo visivo, soprattutto in pieno giorno. Restano criticità nella zona d’ingresso: i gradini hanno bordi poco marcati e materiali simili tra pedata e alzata, quindi cresce il rischio di inciampo per ipovedenti e non vedenti. Non risultano percorsi tattili, mappe tattili o indicazioni in braille. L’area è condivisa con traffico locale e sosta: ostacoli a quota bassa (dissuasori, fioriere, scooter) possono essere insidiosi se manca un tracciato pedonale libero. L’illuminazione notturna non è documentata; in caso di luce scarsa, la lettura dei dislivelli e degli ostacoli diventa più difficile.
Accessibilità uditiva
L’ambiente esterno è su strada e può presentare rumore di fondo (auto, moto, persone), con possibile difficoltà nella comunicazione verbale, specie qualora si debbano chiedere informazioni sul posto. Non risultano indicazioni di ausili specifici per persone sorde o ipoacusiche (ad esempio sistemi a induzione magnetica o avvisi luminosi collegati a comunicazioni sonore). Le informazioni paiono affidate a targhe o cartelli; la fruizione per chi ha deficit uditivo dipende quindi dalla presenza di contenuti testuali chiari e leggibili e, per l’accesso agli eventi, da canali di contatto scritti.
Accessibilità cognitiva
Lo spazio urbano davanti alla chiesa mescola passaggio, sosta e accessi diversi; ciò può generare incertezza su dove si entri e su cosa sia effettivamente visitabile. L’uso attuale come sede istituzionale può non essere immediato per chi si aspetta una chiesa aperta, e l’assenza di indicazioni esplicite su orari e modalità di visita può creare frustrazione. La presenza di più porte sul prospetto laterale e la mancanza di una segnaletica “da visitatore” rendono opportuna una comunicazione più semplice e diretta.
Suggerimenti
Una rampa mobile su richiesta, utilizzata durante eventi o visite autorizzate, ridurrebbe la barriera dei gradini senza interventi invasivi. Un corrimano discreto, se compatibile con i vincoli, migliorerebbe la sicurezza per chi sale a piedi; in alternativa, marcature antiscivolo e a contrasto sul bordo dei gradini sarebbero di grande aiuto. Una gestione della sosta che mantenga libero il tratto davanti al portale e un corridoio pedonale stabile ridurrebbero gli ostacoli a quota bassa. Per l’informazione al pubblico, una targa ben visibile con orari effettivi, modalità di accesso, contatti (anche digitali, es. QR code verso una pagina aggiornata) faciliterebbe sia le persone con deficit uditivo sia quelle con difficoltà cognitive. Se si prevedono visite o attività aperte, materiali scritti chiari, eventuali sottotitoli per contenuti video e un supporto informativo accessibile (testo semplice, caratteri leggibili) migliorerebbero la fruizione complessiva.
Fonti e bibliografia essenziale
- UNESCO World Heritage Centre, Syracuse and the Rocky Necropolis of Pantalica (scheda sito n.1200, anno di iscrizione 2005), (accesso 19 dicembre 2025).
- Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (GURS), Parte I n. 45 (2004), Decreto di rifinanziamento del restauro dell’ex chiesa di S. Francesco di Paola, (accesso 19 dicembre 2025).
- Lucia Acerra (1995), Architettura religiosa in Ortigia, Ediprint, Siracusa. (Estratti disponibili sul sito antoniorandazzo.it).
- Siracusa International Institute, Headquarters (Former Church of San Francesco di Paola), 2014 (descrizione in inglese).
- ISISC-Opco, inaugurazione nuova sede, L’Agenda (Università di Catania), 4 dicembre 2010, (accesso 19 dicembre 2025).
- Infopoint Turismo Siracusa (Provincia di Siracusa), Chiesa di San Francesco di Paola (Ortigia), sezione “Chiese, Musei e Monumenti”, s.d., (accesso 19 dicembre 2025).
- CityMap Sicilia, Chiesa San Francesco di Paola (scheda turistica), s.d., (accesso 19 dicembre 2025).
- Antonio Randazzo, Chiesa di San Francesco di Paola (sezione “Chiese sconsacrate”), antoniorandazzo.it, s.d., (accesso 19 dicembre 2025).
- Antonio Randazzo, Convento Padri Minimi o San Francesco di Paola (sezione “Conventi”), antoniorandazzo.it, s.d., (accesso 19 dicembre 2025).
- Antonio Randazzo, Ortigia dal medioevo ad oggi, antoniorandazzo.it (sezione “Ortigia”), s.d., (accesso 19 dicembre 2025).
- Smart Hospitality srls, Esplorando Ortigia: Vicolo delle Pergole – “a vanedda e pecuri” (blog Baroque Apartments), 20 giugno 2022, (accesso 19 dicembre 2025).
