Chiesa di Gesù e Maria

Ex chiesa seicentesca in via Capodieci, oggi spazio espositivo e polifunzionale.
Aggiornato in data 5 Dicembre 2025 da Alessandro Calabrò
Facciata seicentesca della ex chiesa di Gesù e Maria in via Capodieci a Ortigia, Siracusa.
Facciata seicentesca della ex chiesa di Gesù e Maria su via Capodieci, nel centro storico di Ortigia.
Foto di Alessandro Calabrò, dicembre 2025.

La Chiesa di Gesù e Maria è un edificio religioso situato in via Capodieci, nel centro storico di Ortigia, a Siracusa. Edificata nel XVII secolo, costituisce un esempio di architettura barocca seicentesca, riconoscibile per il portale in pietra attribuito alla cerchia di Giovanni Vermexio. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito numerose trasformazioni, fino alla dismissione dal culto nel Novecento.

L’edificio, di proprietà della Diocesi di Siracusa, è oggi comunemente indicato come ex chiesa di Gesù e Maria ed è utilizzato come spazio polifunzionale per mostre, eventi e attività culturali. Pur non essendo sede di funzioni religiose da diversi decenni, mantiene lo status di bene ecclesiastico tutelato.

Collocata nei pressi del Museo Bellomo e della cosiddetta cortina sveva, la chiesa costituisce uno degli esempi più noti di riuso contemporaneo di un edificio sacro in ambito culturale, oggetto di dibattiti e controversie per la gestione e la natura delle attività ospitate al suo interno.

Storia e status canonico

Fondazione e Seicento (via Capodieci / già “strada Gesù e Maria”)

La Chiesa di Gesù e Maria venne edificata nel corso del XVII secolo lungo l’attuale via Capodieci, che all’epoca era conosciuta come strada Gesù e Maria. La costruzione si colloca nel contesto di rinnovamento urbano e religioso che interessò Ortigia tra la fine del Cinquecento e il Seicento, periodo in cui numerosi ordini e confraternite promossero la fondazione di nuovi edifici di culto.

Secondo gli studi storico-artistici locali, la chiesa fu progettata da maestranze siracusane vicine alla cerchia di Giovanni Vermexio, architetto civico della città e autore di vari edifici barocchi tra cui il Palazzo Vermexio e il palazzo del Senato. Il portale monumentale in pietra locale, riccamente scolpito con motivi floreali e volute, è generalmente ritenuto il principale elemento superstite della struttura originaria e uno dei migliori esempi dell’influsso vermexiano sull’architettura sacra siracusana del periodo.

Le fonti storiche non specificano la confraternita o l’ordine promotore della costruzione, ma è probabile che l’edificio fosse legato al culto mariano, come suggerisce la dedicazione e la diffusione, in quel periodo, di chiese e oratori intitolati alla Vergine nelle città della Sicilia sud-orientale. L’interno, oggi privo di arredi, era con ogni probabilità articolato in un’unica navata con cappelle laterali e altare maggiore dedicato alla Madonna.

Già nel Seicento la chiesa svolse un ruolo di riferimento per i residenti della zona sud-orientale di Ortigia, in un’area allora densamente abitata da artigiani e piccole botteghe. La denominazione della via stessa, strada Gesù e Maria, deriva dalla presenza dell’edificio sacro, che ne costituiva l’elemento principale e ne determinò la toponomastica fino alla fine del Settecento.

Terremoto del 1693 e rimaneggiamenti (entità del danno non determinata)

Il terremoto del 9 e 11 gennaio 1693, che devastò gran parte della Sicilia sud-orientale, colpì anche Siracusa e in particolare l’isola di Ortigia, provocando il crollo o gravi danni a molte chiese e conventi. Le fonti non documentano in modo esplicito l’entità dei danni subiti dalla Chiesa di Gesù e Maria, ma è verosimile che l’edificio abbia subito lesioni strutturali, come accadde alla maggior parte delle costruzioni religiose dell’epoca.

Le cronache coeve e le ricostruzioni urbanistiche indicano che, nei decenni successivi, la chiesa venne parzialmente riedificata o restaurata, mantenendo la facciata originaria seicentesca e adattando l’interno alle nuove esigenze liturgiche e decorative del primo Settecento. I lavori di consolidamento e abbellimento, forse diretti da maestranze locali legate alla tradizione vermexiana, contribuirono a definire l’aspetto attuale del portale, che conserva motivi ornamentali tipici del barocco siracusano ma con elementi di sobria geometria tardo-seicentesca.

Non sono conservati documenti d’archivio che attestino la data precisa del restauro, ma le analisi stilistiche e confronti con altri edifici ricostruiti dopo il sisma suggeriscono che l’intervento avvenne tra la fine del XVII e i primi decenni del XVIII secolo. L’impianto generale della chiesa rimase a navata unica, con altare maggiore e decorazioni interne in stucco, oggi completamente perdute.

L’episodio sismico segnò dunque la prima grande cesura nella storia dell’edificio, determinando un processo di rimaneggiamento architettonico che avrebbe influenzato anche le successive modifiche urbane dell’area di via Capodieci.

Trasformazioni tra XVIII e XIX secolo (Piazza della Turba, toponomastica, usi)

Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, la Chiesa di Gesù e Maria e l’area circostante furono interessate da una serie di modifiche urbanistiche che ne alterarono in parte l’aspetto originario. La piccola piazza antistante, nota nelle fonti come Piazza della Turba, venne progressivamente inglobata nel tessuto edilizio circostante a seguito della costruzione di nuovi edifici privati addossati alla facciata laterale della chiesa. Questo processo comportò la scomparsa della piazzetta, sostituita da una stretta via che continuò a prendere il nome del luogo sacro, strada Gesù e Maria.

Nel corso dell’Ottocento la via assunse un ruolo secondario nel reticolo urbano di Ortigia, ma mantenne una certa vitalità grazie alla presenza di piccole botteghe e abitazioni, oltre che di strutture ecclesiastiche minori. La chiesa, pur non essendo più un centro di grande rilievo liturgico, restò in funzione come luogo di culto dipendente dalla Parrocchia di San Martino, situata nelle immediate vicinanze.

Fu solo in età post-unitaria che la toponomastica cittadina venne aggiornata, e la strada cambiò denominazione in via Capodieci, in omaggio all’erudito siracusano Giuseppe Capodieci (1753–1820), nato proprio in quella via. Questa intitolazione sancì simbolicamente il passaggio da un quartiere ancora legato alla devozione popolare a un contesto più laico e civile, riflesso delle trasformazioni culturali dell’Ottocento.

Durante tutto il XIX secolo la chiesa subì piccoli interventi di manutenzione, ma non risultano documentati restauri significativi. La funzione religiosa venne mantenuta in forma ridotta, fino al progressivo declino che avrebbe portato, nei decenni successivi, alla sua dismissione dal culto e ai successivi riusi profani.

Anni ’30: dismissione dal culto e usi profani (magazzino/grano; poi teatro e asilo)

Negli anni Trenta del Novecento la Chiesa di Gesù e Maria risulta dismessa dall’uso liturgico e destinata a funzioni civili. La decisione si inserisce nel riassetto del patrimonio ecclesiastico siracusano promosso in quel periodo; le fonti locali richiamano il nome dell’arcivescovo Ettore Baranzini, senza indicare un provvedimento con data puntuale.

Dopo la dismissione, l’edificio fu spogliato degli arredi principali e adattato a magazzino. Durante la Seconda guerra mondiale venne adibito a deposito di grano, uso comune per immobili solidi e facilmente ispezionabili nel centro storico.

Nel dopoguerra lo spazio passò a funzioni sociali di prossimità collegate alla parrocchia di San Martino: prima come teatrino o salone parrocchiale, poi come asilo infantile. Le trasformazioni interne ridussero o eliminarono partizioni e apparati decorativi superstiti, lasciando un’aula semplice e funzionale. La documentazione liturgica e le testimonianze parrocchiali concordano sull’assenza di messe da molti decenni.

Pur adibito stabilmente a usi profani, l’immobile è rimasto bene ecclesiastico. La tutela ecclesiastica e quella storico-artistica si sono mantenute, mentre lo status canonico formale della “sconsacrazione” viene talvolta descritto in modo non uniforme dalle fonti, tema ripreso nei paragrafi successivi.

Dal secondo Novecento: salone parrocchiale; assenza di messe da decenni

A partire dagli anni Sessanta del Novecento la Chiesa di Gesù e Maria cessò del tutto la sua funzione liturgica. Fonti parrocchiali e testimonianze orali confermano che non vi si celebra più la Messa da oltre cinquant’anni. L’edificio, pur restando formalmente di proprietà della Diocesi di Siracusa, è stato impiegato come salone parrocchiale annesso alla chiesa di San Martino, che ne ha curato per lungo tempo l’apertura e la gestione.

In questo periodo lo spazio ha assunto un carattere prevalentemente civile e comunitario, venendo utilizzato per riunioni, recite, attività giovanili e incontri promossi dalla parrocchia o da associazioni locali. Gli interni, privati di ogni apparato decorativo, vennero semplificati e intonacati, trasformando l’aula in una sala unica priva di altari e stalli, più adatta alle funzioni sociali e ricreative che a quelle religiose.

Nonostante l’uso stabile a fini laici, la Curia non ha mai ceduto la proprietà né rinunciato formalmente alla titolarità ecclesiastica dell’immobile. L’edificio è rimasto quindi un bene ecclesiastico tutelato, soggetto sia alle norme del diritto canonico sia a quelle di tutela dei beni culturali. Questo duplice vincolo ha favorito la sopravvivenza della struttura, pur tra vari adattamenti, garantendone la conservazione esterna e il mantenimento della sua fisionomia seicentesca.

Posizione attuale della Diocesi (2024): “non sconsacrata”; bene ecclesiastico tutelato

Nel 2024 la Diocesi di Siracusa ha precisato pubblicamente la posizione ufficiale riguardo allo status canonico della Chiesa di Gesù e Maria, affermando che l’edificio “non è sconsacrato”. Tale dichiarazione, riportata da diversi organi di stampa locali, ha chiarito che il luogo, pur non essendo utilizzato per il culto da molti decenni, non è mai stato formalmente profanato secondo il diritto canonico.

La distinzione è rilevante: una chiesa sconsacrata può essere destinata in modo permanente a usi profani, mentre una chiesa non profanata, sebbene non adoperata per funzioni religiose, mantiene la propria natura sacra e resta soggetta alle norme ecclesiastiche sui beni della Chiesa. In base a questa interpretazione, Gesù e Maria rimane bene ecclesiastico vincolato, la cui gestione e destinazione d’uso devono ricevere l’autorizzazione della Curia.

La Diocesi ne ha dunque ribadito la tutela giuridica e culturale, sottolineando che ogni attività svolta al suo interno deve rispettare la dignità del luogo e non contraddire la sua originaria destinazione sacra. Allo stesso tempo, l’edificio è inserito nel patrimonio architettonico tutelato ai sensi delle norme statali sulla protezione dei beni culturali, il che ne limita gli interventi strutturali e garantisce la conservazione del portale barocco e della facciata seicentesca.

Questa duplice tutela – ecclesiastica e statale – fa della Chiesa di Gesù e Maria un caso particolare nel panorama siracusano: un luogo di culto non più attivo ma non profanato, che continua a esistere come bene storico e religioso sotto la custodia della Diocesi, testimoniando la complessa relazione tra tradizione sacra, riuso culturale e salvaguardia del patrimonio urbano di Ortigia.

Architettura e contesto

Facciata e portale seicentesco (attribuzione alla cerchia di Vermexio)

L’elemento architettonico di maggiore rilievo della Chiesa di Gesù e Maria è la facciata principale, che conserva integralmente il portale seicentesco in pietra calcarea locale, uno dei migliori esempi della scuola vermexiana. Lo stile richiama da vicino l’opera di Giovanni Vermexio, architetto civico di Siracusa attivo nella prima metà del XVII secolo, a cui si devono numerosi interventi nel centro storico.

Il portale presenta un impianto barocco equilibrato, con stipiti scanalati e capitelli decorati da motivi vegetali. L’architrave, diviso in tre riquadri, culmina in un timpano spezzato che accoglie un oculo centrale; al suo interno si apre un medaglione liscio, forse in origine ornato da uno stemma oggi scomparso. La finezza delle modanature e la resa plastica delle mensole richiamano analogie con altri portali coevi attribuiti a Vermexio, come quelli di Palazzo Vermexio in Piazza Duomo e della Chiesa di San Filippo Apostolo.

Ai lati del portale si trovano due oculi asimmetrici: quello sinistro di forma ellittica, quello destro circolare, incorniciati da modanature semplici. Sopra il timpano si apre un oculo minore in asse, entro una cornice scolpita. In sommità è visibile una loggetta a tre fornici, probabilmente aggiunta nel Settecento o nell’Ottocento, quando la chiesa fu inglobata tra le abitazioni sorte al posto della scomparsa Piazza della Turba.

La facciata, intonacata e incorniciata da cantonali lisci, mantiene proporzioni sobrie e verticali. Lo schema tipologico – portale unico, oculi laterali e un’aula a navata singola dietro il prospetto – rientra nella tradizione delle chiese minori seicentesche di Ortigia, costruite per le confraternite o le devozioni di quartiere.

Nonostante le alterazioni e i restauri successivi, la fronte principale è sostanzialmente integra. Si notano segni d’erosione, fessurazioni nelle mensole del timpano e rappezzi d’intonaco, ma le decorazioni rimangono leggibili. Il portale continua a essere considerato un punto di riferimento del barocco siracusano e contribuisce al carattere storico del tratto di via Capodieci, dove si allineano edifici civili e religiosi di epoche differenti.

Interno attuale: aula unica, assenza di arredi storici

Dell’interno originario della Chiesa di Gesù e Maria non rimane quasi nulla. Le varie trasformazioni subite nel corso del Novecento, prima come magazzino e poi come spazio parrocchiale, hanno cancellato completamente l’impianto liturgico. L’aula si presenta oggi come un unico ambiente rettangolare, privo di cappelle, presbiterio rialzato o decorazioni pittoriche. Le pareti sono intonacate di bianco e mostrano solo leggere tracce degli antichi stucchi, mentre il pavimento è stato sostituito più volte, da superfici in cotto a materiali moderni. L’assenza di arredi e apparati sacri rende l’interno estremamente sobrio. Non sono più visibili altari, balaustre o immagini lignee, se non alcuni oggetti devozionali minori rimasti per consuetudine, come piccoli crocifissi o quadretti mariani appesi alle pareti. Questi elementi, conservati per rispetto della tradizione, non hanno valore storico ma testimoniano la continuità di una certa devozione popolare anche dopo la dismissione dal culto. La volta originaria a botte, oggi nascosta da un controsoffitto o da travature di restauro, e le pareti spoglie creano un’acustica secca ma equilibrata, sfruttata negli ultimi anni per concerti e performance artistiche. Lo spazio è stato adattato con impianti di illuminazione contemporanei e piccoli allestimenti mobili che consentono di riconfigurarne rapidamente l’uso. Nel complesso, l’interno della ex chiesa di Gesù e Maria è oggi una sala polivalente dal carattere neutro e funzionale: conserva il volume seicentesco ma non più la sua identità liturgica, offrendo invece un contenitore versatile per mostre, incontri e iniziative culturali nel centro di Ortigia.

Rapporto con l’intorno: Palazzo Bellomo e “cortina sveva”

La Chiesa di Gesù e Maria si trova nella parte meridionale di Ortigia, lungo via Capodieci, al civico 11, in un’area di antica origine medievale caratterizzata da vicoli stretti e prospetti irregolari. L’edificio è inserito nel medesimo isolato del Museo Regionale di Palazzo Bellomo, che occupa i civici 14–16 della stessa via.

Di fronte alla chiesa è visibile un tratto delle antiche mura sveve, noto come cortina sveva, appartenente al sistema difensivo del complesso Bellomo. Questo elemento medievale si trova a pochi metri dal portale seicentesco dell’ex chiesa e contribuisce a definire un raro punto di contatto tra architettura militare e religiosa.

L’area in cui sorge la chiesa corrisponde alla zona dell’antica Piazza della Turba, soppressa tra XVIII e XIX secolo con la costruzione di nuovi edifici e inglobata nel tessuto urbano circostante. Il prospetto principale dell’ex chiesa si apre oggi direttamente su via Capodieci, nello stesso ambito in cui un tempo si trovava quella piccola piazza.

La vicinanza con il Palazzo Bellomo, oggi sede museale, colloca la chiesa in un contesto ad alta densità monumentale, insieme ad altri edifici storici di via Roma e piazza San Martino. Questa concentrazione di architetture religiose, civili e difensive fa di via Capodieci uno dei punti di maggiore interesse del centro storico di Siracusa.

Stato di conservazione

La Chiesa di Gesù e Maria mostra oggi una condizione complessiva di conservazione discreta, pur con segni evidenti di degrado superficiale. La facciata, intonacata e color sabbia, presenta fessurazioni nelle mensole del timpano, distacchi d’intonaco e rappezzi non omogenei nella parte inferiore e intorno agli oculi. Il portale mantiene leggibilità e compattezza strutturale, ma evidenzia erosione delle modanature e microfratture nella cornice superiore.

Gli oculi laterali, oggi chiusi con lastre non trasparenti, mostrano tamponamenti non uniformi e residui di vecchi fissaggi. L’oculo centrale del timpano conserva la cornice originale, sebbene con segni di usura e piccole lesioni radiali.

La parte sommitale della facciata, dove si trova la loggetta a tre fornici, rivela tracce di murature aggiunte e di vecchi restauri parziali, probabilmente eseguiti tra XIX e XX secolo. Lungo la superficie esterna corrono cavi e tubazioni applicati in epoche recenti.

Non sono documentati crolli recenti o danni strutturali rilevanti. L’interno, visibile solo in occasione di eventi artistici, appare spoglio e privo di arredi sacri, con pareti intonacate e un soppalco ligneo usato per installazioni e performance. La stabilità generale dell’edificio sembra garantita, ma l’assenza di manutenzione ordinaria incide sull’aspetto estetico e sulla leggibilità dei dettagli architettonici.

Usi culturali ed eventi (XXI secolo)

Profilo d’uso come spazio espositivo/polifunzionale

Dal XXI secolo la Chiesa di Gesù e Maria è utilizzata in modo prevalente come spazio espositivo e polifunzionale, aperto al pubblico in occasione di mostre, rassegne artistiche e iniziative culturali. L’edificio, pur restando di proprietà della Diocesi di Siracusa e legato alla parrocchia di San Martino, non svolge più funzioni liturgiche ordinarie: l’interno è privo di arredi sacri storici e si presenta come un’aula unica adattata a sala per eventi.

La chiesa è stata scelta come sede per mostre d’arte contemporanea, installazioni, concerti da camera, residenze artistiche e progetti legati alla valorizzazione del centro storico di Ortigia. Tra le iniziative documentate rientrano eventi promossi da organismi diocesani (come l’Ufficio Migrantes), festival cittadini (ad esempio Ortigia Design e Ortigia Sound System) e associazioni culturali che hanno inserito l’ex chiesa in percorsi più ampi diffusi nel quartiere.

Le aperture non seguono un calendario stabile, ma dipendono dai singoli progetti: di norma l’accesso al pubblico avviene tramite mostre temporanee con orari definiti nelle locandine ufficiali o negli avvisi stampa. L’allestimento interno è di tipo reversibile, con pannelli, strutture leggere, impianti luce mobili e, in alcuni casi, uso del soppalco per performance o installazioni site-specific.

In questo quadro la Chiesa di Gesù e Maria assume il ruolo di contenitore culturale nel tessuto monumentale di Ortigia: uno spazio storicamente sacro, oggi inserito nel circuito cittadino delle arti visive e delle attività espositive, pur all’interno dei vincoli posti dalla proprietà ecclesiastica e dalla tutela dei beni culturali.

Mostra sui migranti (2015) e iniziative legate a Migrantes

Nel 2015 l’ex chiesa di Gesù e Maria ha ospitato la mostra collettiva UPROOTED – All’insegna della coesistenza, organizzata dall’Intercultural Studies Center. L’esposizione, aperta dall’11 giugno all’11 luglio, aveva come tema centrale le migrazioni contemporanee e riuniva opere di Elizabeth Atkinson (Regno Unito), Ramzi Harrabi (Tunisia) e Salvatore Accolla (Siracusa). L’inaugurazione si è svolta l’11 giugno con un concerto interetnico, presentato dalle cronache locali come momento di apertura del percorso espositivo.

Le fonti descrivono la chiesa di Gesù e Maria, affacciata su via Capodieci di fronte al complesso di Palazzo Bellomo, come un “piccolo gioiello” riaperto per l’occasione dopo un periodo di chiusura. All’interno, le installazioni dedicate ai migranti risultano accostate all’immagine dell’Addolorata, con un chiaro intento simbolico: mettere in relazione la sofferenza dei profughi con il dolore mariano e proporre una riflessione religiosa sul tema dell’esodo e dell’accoglienza.

Un comunicato dell’Arcidiocesi di Siracusa, ripreso successivamente da commentatori di area tradizionalista, attribuisce l’iniziativa all’Ufficio diocesano per la pastorale Migrantes. In questo testo vengono citati quattro artisti – Atkinson, Harrabi, Accolla e François Koltes – e si indicano orari di apertura estesi (dalle 10.00 alle 24.00), con un programma di eventi interculturali legati alla mostra. La chiesa appare quindi, già a metà degli anni 2010, come sede scelta per progetti artistici che affrontano temi sociali e pastorali in collaborazione tra realtà ecclesiali e soggetti culturali cittadini.

L’allestimento con statue lignee nude stilizzate, interpretate come figure di migranti poste davanti all’Addolorata, ha dato origine a un dibattito interno all’ambiente cattolico siracusano, ripreso da blog e commentatori. Le reazioni e la risposta del parroco di San Martino rientrano nella più ampia discussione sulle modalità d’uso dell’ex chiesa e sono trattate nella sezione dedicata alle controversie e al dibattito pubblico.

Festival del design, residenze artistiche e “Dea in You” (2021–2022)

Nel 2021 l’ex chiesa di Gesù e Maria entra in modo strutturato nel circuito degli eventi cittadini legati al design e all’arte contemporanea. Dal 22 al 26 settembre 2021 Ortigia ospita la prima edizione del Festival del Design (o Settimana del Design), promosso dalla Comunità Euro Afro Asiatica del Turismo in collaborazione con Bertone Design e New Crazy Colors. Tra le sedi indicate compaiono l’Antico Mercato, Palazzo Gargallo, la Marina, la Piazza d’Armi e la chiesa sconsacrata di Gesù e Maria, che viene utilizzata come spazio espositivo e luogo per incontri e performance.

Nel programma del festival occupa un posto centrale la mostra Cerchiami, curata da Lorena D’Ercole e Tommaso (Tommy) Paone. L’esposizione viene inaugurata il 23 settembre 2021 proprio all’interno della chiesa di Gesù e Maria, con un evento che comprende un concerto del fisarmonicista Pietro Roffi e un intervento di Angelo Crespi, consigliere dell’ADI Design Museum. Nelle cronache di settore la chiesa è indicata come una delle location principali del festival, con un ruolo specifico per questa mostra, che lega il tema del design contemporaneo a uno spazio sacro dismesso del centro storico. Gli organizzatori definiscono l’edizione 2021 una sorta di “edizione zero” o “finestra sul 2022”, con l’obiettivo di consolidare l’appuntamento nelle edizioni successive.

Parallelamente, la chiesa diventa uno dei luoghi chiave delle residenze artistiche promosse dal festival Ortigia Sound System. Nel 2021 il collettivo avvia la residenza L’Ora Blu, presentata come la prima artist residency del festival a Ortigia e collocata in una “small church of Jesus and Mary” nei pressi del mare. Le descrizioni ufficiali parlano di uno spazio “misterioso” e “semi-abbandonato”, scelto per le sue caratteristiche acustiche e per l’atmosfera raccolta. La chiesa viene così utilizzata non solo come sala per eventi aperti al pubblico, ma anche come luogo di lavoro per musicisti e produttori coinvolti in progetti di ricerca sonora.

Nel 2022 il rapporto tra Ortigia Sound System e la chiesa di Gesù e Maria si concretizza in una nuova residenza. Il 29 luglio 2022 i musicisti Lino Capra Vaccina e Mai Mai Mai (Toni Cutrone) registrano proprio all’interno della chiesa il materiale che darà origine al disco I racconti di Aretusa, pubblicato nel 2025 dall’etichetta BACCANO. Le note ufficiali di pubblicazione indicano in modo esplicito che il lavoro è stato registrato nella Chiesa di Gesù e Maria – Ortigia (Sicilia) il 29 luglio 2022, durante una residenza d’artista realizzata per l’Ortigia Sound System Festival. Schede e presentazioni successive, ad esempio quelle del Centro d’Arte di Padova, ricordano che il progetto nasce da quella esperienza siracusana e descrivono la chiesa come un “luogo particolarmente suggestivo”, sottolineando l’incidenza dello spazio fisico sulla dimensione acustica e sulla costruzione del suono.

Sempre nel 2022 l’edificio figura tra le sedi di “Dea in You”, iniziativa dedicata all’empowerment e alla realizzazione personale femminile, con un taglio che unisce arte, impresa e formazione. L’evento, ideato da Lorena d’Ercole e realizzato insieme ad altre professioniste e associazioni (fra cui AIDDA), si svolge dal 9 all’11 settembre 2022 in tre location di Ortigia: Castello Maniace, l’Antico Mercato e la chiesa seicentesca di Gesù e Maria. Il programma prevede talk, spazi artistici, installazioni multimediali e momenti performativi; la chiesa è indicata nei materiali ufficiali come una delle sedi esclusive dell’evento, scelta per l’allestimento di alcune sezioni a forte contenuto simbolico e artistico.

Il quadro delle iniziative del biennio 2021–2022 mostra quindi l’ex chiesa di Gesù e Maria inserita in una rete articolata di festival del design, residenze musicali e progetti culturali che coinvolgono artisti, musicisti e professioniste di ambito creativo. Pur restando di proprietà ecclesiastica e priva di funzioni liturgiche ordinarie, l’edificio assume in questi anni il profilo di luogo stabile per attività espositive e sperimentazioni artistiche, con una continuità d’uso che lo colloca tra gli spazi culturali più attivi del tessuto monumentale di Ortigia.

2024: mostra “Goditela” e progetto “I SEE YOU”

Nel 2024 l’ex chiesa di Gesù e Maria torna a occupare una posizione centrale nella vita culturale di Ortigia grazie a due iniziative tra loro collegate: la mostra personale “Goditela” dell’artista Lorena D’Ercole e la tappa siracusana del progetto pedagogico “I SEE YOU”, entrambe ospitate all’interno dell’edificio. I materiali ufficiali indicano come sede la “Chiesa sconsacrata di Gesù e Maria, via Capodieci 11”, con ingresso gratuito e patrocinio del Comune di Siracusa per la mostra estiva.

“Goditela” viene inaugurata l’8 luglio 2024 e rimane aperta al pubblico fino all’8 settembre. L’allestimento interessa l’intera navata, la zona dell’altare e il soppalco interno, così da utilizzare la struttura dell’ex chiesa in tutti i suoi livelli. Il titolo della mostra viene spiegato dalla stessa artista come un gioco di parole che racchiude “God”, “gòdi” e “tela”, con un riferimento simultaneo alla dimensione religiosa, al godimento dell’esistenza e al supporto pittorico.

L’elemento tecnico più caratteristico è l’impiego del soppalco collocato a circa sette metri di altezza, da cui D’Ercole lascia cadere il colore sulle grandi tele distese sul pavimento della navata. L’artista descrive questo procedimento come il nucleo del progetto: il colore scende dall’alto e la gravità incide in modo decisivo sul risultato, riducendo il controllo diretto e costringendo a una continua negoziazione tra intenzione e caso. Il lavoro viene condotto per mesi, con sessioni frequenti nelle prime ore del mattino; le vernici devono restare fluide per il tempo sufficiente a fondersi tra loro, in un ambiente che durante l’estate raggiunge temperature elevate. Ogni tela segue un proprio percorso operativo: alcune opere nascono da un singolo ciclo di colature, altre da più fasi di intervento, con coperture quasi totali dei livelli precedenti e nuovi lanci di colore finché l’artista ritiene raggiunto un equilibrio cromatico soddisfacente.

La navata ospita tele di grande formato a cui vengono attribuiti titoli specifici. D’Ercole indica “Forza” come opera introduttiva e “madre” della mostra, collocata all’ingresso del percorso. Un’altra tela, “Joy”, contiene piccoli volti riconoscibili solo da distanza ravvicinata. Una composizione è dedicata all’Etna e alla pietra lavica, mentre altre opere sviluppano riferimenti al segno zodiacale dei Pesci e al tema del DNA attraverso trame di linee e sovrapposizioni cromatiche. Il linguaggio pittorico si mantiene in ambito astratto, ma con rimandi biografici e simbolici che l’artista stessa esplicita in interviste e video girati all’interno della chiesa.

Nell’area originariamente destinata all’altare si sviluppa un secondo nucleo dell’esposizione, basato su tele realizzate su lino tessuto a mano dalla nonna dell’artista intorno agli anni Quaranta del Novecento. La madre di D’Ercole le invia questi tessuti in un periodo che l’artista definisce complesso sul piano personale, e la serie viene interpretata come un “portale di luce dalla vita”: un’immagine di attraversamento di un tunnel difficile verso una zona luminosa. Il posizionamento di queste opere nella zona presbiteriale crea un collegamento esplicito tra memoria familiare, biografia dell’artista e spazio sacro dell’ex chiesa.

Un ulteriore gruppo di lavori è costituito da anfore antiche o di recupero, distribuite nella navata e disposte in dialogo con le tele. D’Ercole attribuisce a queste anfore un valore simbolico legato alla femminilità, alla fertilità e alla capacità di generare e condividere; il rivestimento pittorico viene presentato come una forma di “nuova vita” concessa a oggetti in precedenza dimenticati. Dal punto di vista dell’inserimento nello spazio, le anfore occupano porzioni di pavimento e punti di passaggio, introducono pause lungo il percorso e contribuiscono a definire un uso dell’aula che alterna opere appese e elementi tridimensionali.

L’illuminazione riceve un intervento specifico da parte di Angelo Sansone, autore di un’installazione luminosa che coinvolge sia le opere sia le superfici interne della chiesa. L’uso di fari e luci mirate mette in evidenza il portale interno, gli archi, le cornici e le anfore. Le riprese video mostrano giochi di luce su tele e muri che accentuano l’andamento verticale dell’ambiente e il contrasto tra le zone più scure e le aree occupate dal colore. D’Ercole, nelle sue dichiarazioni, ringrazia Sansone e considera l’intervento luminoso parte integrante della mostra.

La dimensione partecipativa costituisce un ulteriore aspetto del progetto. L’artista concepisce un “tunnel” interno come luogo destinato alla scrittura collettiva: i visitatori sono invitati a lasciare parole e frasi, che nelle intenzioni dovrebbero confluire nel “portale” di luce collocato nella zona dell’altare. D’Ercole annuncia inoltre la volontà di modificare nel tempo alcuni elementi dell’allestimento durante i due mesi di apertura, con nuove scritte su tele, anfore e altre superfici, e invita il pubblico a documentare l’esperienza con l’hashtag “#goditela”.

Tra le opere esposte compare una tela intitolata “I see you”, caratterizzata da numerosi occhi stilizzati che sembrano emergere e sporgere dalla superficie. L’artista assegna a quest’opera un valore particolare, descrivendola come una sorta di presenza che “vede” e sostiene; da questo motivo visivo deriva anche una delle connessioni più dirette con il progetto “I SEE YOU”, attivato nello stesso spazio alcune settimane dopo.

Dal 26 al 28 settembre 2024 l’ex chiesa di Gesù e Maria ospita infatti la tappa siracusana di “I SEE YOU”, definito dagli organizzatori un “viaggio pedagogico” contro la violenza e le discriminazioni di genere. Il progetto, già sperimentato in precedenza a Milano, Torino e Firenze, approda per la prima volta in Sicilia grazie alla collaborazione fra l’associazione Lidia Dice… e la realtà locale DEAinYOU. I materiali diffusi online indicano esplicitamente come sede l’“Ex Chiesa di Gesù e Maria, via Capodieci 11, Ortigia (SR)”.

Il programma prevede tre giornate consecutive di workshop intensivi, articolati in tre ambiti principali: voce, corpo e immagine. L’area dedicata alla voce è affidata a Lorena D’Ercole, quella relativa al corpo alla danzatrice e performer Lidia Carew, ideatrice del progetto, mentre il lavoro sull’immagine coinvolge la make-up artist Samia Laoumri e il fotografo e videomaker Bruno Baio. Le attività si svolgono nella navata e nel soppalco della chiesa e comprendono sessioni di danza e movimento, esercizi sul portamento e sulla presenza fisica, pratiche di consapevolezza corporea, laboratori sul trucco e sulla costruzione dell’immagine personale, oltre a esercizi sul respiro e sull’uso consapevole della voce. L’ultima giornata si conclude con una performance collettiva aperta al pubblico, concepita come restituzione del percorso compiuto dai partecipanti.

Secondo la presentazione ufficiale, l’iniziativa mira a fornire strumenti per riconoscere e valorizzare il proprio talento, rafforzare l’autostima e costruire una forma di protezione rispetto alle dinamiche di discriminazione e violenza di genere, con un’attenzione specifica al modo in cui voce, corpo e immagine incidono sulle relazioni quotidiane. In questo contesto l’ex chiesa viene utilizzata come spazio di lavoro e di relazione: l’aula unica consente la coesistenza di momenti di lezione, prove e performance finale, e il soppalco viene impiegato come ulteriore livello per alcune attività.

Nel complesso, la mostra “Goditela” e la tappa di “I SEE YOU” confermano nel 2024 l’orientamento dell’ex chiesa di Gesù e Maria verso un uso culturale e sociale in chiave laica, con particolare attenzione a temi quali la rinascita personale, la femminilità e il talento individuale. L’impiego del soppalco e della navata per il lancio di vernici sulle tele e, in parte, sulle superfici interne dell’edificio ha suscitato critiche da parte di alcuni storici dell’arte e di una parte dell’opinione pubblica, che hanno letto tali interventi come una forma di eccessiva “dissacrazione” di uno spazio ancora legato alla memoria religiosa cittadina. La ricostruzione dettagliata di queste posizioni e delle risposte della diocesi è trattata nella sezione dedicata alle controversie e al dibattito pubblico.

Controversie e dibattito pubblico

Mostra Migrantes (2015–2016) e prime polemiche sull’uso dell’ex chiesa

Le prime controversie documentate sull’uso dell’ex chiesa di Gesù e Maria come spazio espositivo risalgono alla metà degli anni 2010 e sono legate a una mostra dedicata al tema delle migrazioni. Nel 2015 l’edificio ospita la collettiva Uprooted – All’insegna della coesistenza, promossa dall’Intercultural Studies Center con il coinvolgimento dell’Ufficio diocesano Migrantes. L’esposizione riunisce opere di Elizabeth Atkinson (Regno Unito), Ramzi Harrabi (Tunisia), Salvatore Accolla (Siracusa) e François Koltes, con un programma che prevede apertura quotidiana prolungata e momenti musicali interculturali.

Cronache locali descrivono per l’occasione la riapertura della chiesa come la riscoperta di un “piccolo gioiello” del centro storico, affacciato su via Capodieci di fronte al complesso di Palazzo Bellomo. La presenza, all’interno, della statua dell’Addolorata “ammantata di nero” viene letta in chiave simbolica: la figura mariana, collocata accanto alle installazioni dedicate ai migranti, appare come condivisione del dolore e richiamo alla coesistenza tra popoli. L’iniziativa viene presentata come un’azione culturale e pastorale che mette in dialogo arte contemporanea, riflessione religiosa e attualità del fenomeno migratorio.

Nell’autunno 2016 l’evento diventa oggetto di contestazione da parte del blog tradizionalista “MiL – Messainlatino.it”. Il sito pubblica una segnalazione di lettori secondo cui la mostra, allestita “nella chiesa di Gesù e Maria di via Capodieci”, risulterebbe “scandalosa” se la chiesa fosse ancora consacrata. Viene ripreso per intero il comunicato dell’Arcidiocesi di Siracusa che presenta l’esposizione, con l’elenco dei quattro artisti, la collaborazione dell’Ufficio Migrantes e gli orari molto estesi di apertura al pubblico. Subito dopo il blog critica aspramente l’allestimento, sostenendo che davanti all’immagine dell’Addolorata sarebbero collocate figure di migranti stilizzate con attributi sessuali accentuati, giudicate inopportune in un ambiente legato al culto. Nello stesso contesto gli autori contrappongono la concessione della chiesa per una mostra “profana” al divieto di eseguire concerti non sacri in altri edifici di culto, e usano toni fortemente polemici nei confronti del clero siracusano.

Alle contestazioni risponde direttamente il parroco di San Martino, don Alfredo Andronico, da cui dipende pastoralmente la chiesa di Gesù e Maria. In una precisazione riportata dallo stesso blog il sacerdote ricostruisce la storia recente dell’edificio: chiarisce che la chiesa è “abbondantemente sconsacrata dagli anni Trenta” per decisione dell’allora arcivescovo Ettore Baranzini, che nel tempo è stata adibita a magazzino, deposito di grano durante la guerra, teatrino parrocchiale e asilo, e che non vi si celebra la Messa da circa cinquant’anni. Sottolinea inoltre che le figure esposte non sono statue nude, ma sagome lignee stilizzate che richiamano i migranti morti in mare, collocate davanti all’Addolorata proprio per suggerire un parallelismo tra il dolore dei profughi e quello della Vergine. Secondo la sua interpretazione, la mostra si inserisce in un percorso pastorale sull’accoglienza promosso in collaborazione con l’Ufficio Migrantes e non ha finalità provocatorie.

Il confronto tra il blog e il parroco prosegue in una sezione di “addenda e precisazioni”, dove gli autori di Messainlatino prendono atto delle informazioni sulla sconsacrazione negli anni Trenta e sui successivi usi profani della chiesa, ma ribadiscono le loro riserve. A loro giudizio, la permanenza di una via crucis, di un crocifisso e della statua della Vergine all’interno dell’edificio richiederebbe maggiore cautela nella scelta delle installazioni, anche se l’immobile non è più adibito al culto ordinario. Alcuni commentatori invitano persino a segnalare il caso agli organismi vaticani competenti in materia di culto e sacramenti, mentre altri insistono sulla necessità di rimuovere o coprire le immagini sacre durante eventi di carattere marcatamente laico.

Nel complesso, la vicenda evidenzia già a metà degli anni 2010 una linea di frattura fra tre piani: la strategia di riuso culturale dell’ex chiesa (sostenuta da uffici diocesani e realtà culturali locali), la percezione positiva di una parte della stampa cittadina che vede nell’apertura del luogo un’occasione di valorizzazione, e le critiche di alcuni ambienti cattolici legati a sensibilità più rigorose in tema di sacralità degli spazi. Il dibattito su Uprooted e sulle attività di Migrantes anticipa argomenti che riemergeranno con maggior forza nel 2024, quando le mostre e le performance ospitate nella stessa chiesa saranno nuovamente discusse in relazione al suo passato religioso, allo status canonico e alle modalità di gestione dell’immobile.

Performance con vernice, critiche di Giansiracusa e patrocinio comunale (2024)

Nel 2024 l’uso dell’ex chiesa di Gesù e Maria come spazio per l’arte contemporanea entra con forza nel dibattito pubblico cittadino in occasione della mostra “Goditela” di Lorena D’Ercole. Alcune immagini e riprese video diffuse sui social documentano una performance in cui l’artista lancia vernice colorata da un soppalco interno, a circa sette metri di altezza, sulle grandi tele disposte nella navata. In vari scatti il colore appare anche sulle pareti e su parti dell’involucro interno, elemento che alimenta il dibattito sull’opportunità di questo tipo di azione in un edificio seicentesco legato alla memoria religiosa della città.

La polemica assume rilievo soprattutto dopo un intervento dello storico dell’arte Paolo Giansiracusa, che affida ai social una riflessione dal titolo provocatorio “Arte?”. Nel suo testo, ripreso da testate locali, Giansiracusa esprime forte dissenso verso la performance, parla di “lattine di vernice lanciate da sette metri” e di colore che scende lungo i muri della chiesa, e invita a riflettere sulla differenza tra ricerca artistica e atti che, a suo avviso, sfiorano il vandalismo. Sottolinea il valore storico-artistico dell’edificio seicentesco, già attribuito alla stagione di Mons. Ettore Baranzini per le vicende di dismissione dal culto, e invita le istituzioni a una maggiore vigilanza. Nei suoi interventi torna spesso l’idea che l’ex chiesa andrebbe “riconsegnata” alla comunità parrocchiale di San Martino in forme più rispettose della sua origine religiosa.

Le parole di Giansiracusa trovano ampia eco. Una parte dell’opinione pubblica, nei commenti sui social e nelle lettere pubblicate da siti e giornali online, esprime sconcerto per i lanci di vernice in un edificio di questo tipo e parla di “dissacrazione” o di “sfregio” al luogo. Altri interventi, provenienti da ambienti vicini al mondo dell’arte contemporanea e da chi ha visitato la mostra, insistono invece sulla dimensione catartica del progetto “Goditela”, sulla centralità del tema della rinascita personale e sulla scelta della chiesa proprio per il suo carattere di spazio sospeso tra sacro e profano. In questi contributi la performance viene descritta come un’azione che usa la gravità e l’altezza della navata per trasformare il colore in strumento di liberazione interiore, senza intenzione di danneggiare l’edificio.

Il patrocinio del Comune di Siracusa figura in modo esplicito nel materiale promozionale della mostra, con indicazione di luogo, date e ingresso gratuito. Questo elemento entra nel dibattito: alcuni commentatori chiedono se l’amministrazione fosse a conoscenza delle modalità della performance con vernice e invocano un maggiore coordinamento tra Comune, Curia e Soprintendenza per l’uso degli immobili storici. Dall’altro lato, chi difende l’iniziativa sottolinea che il patrocinio rientra nella linea di sostegno ad attività culturali nel centro storico e che la presenza dell’ente locale conferma la dignità pubblica del progetto.

Nel contesto della polemica emergono anche riferimenti allo status canonico dell’edificio e alle condizioni giuridiche della sua gestione. Alcuni interventi richiamano la storia della chiesa, dismessa dall’uso liturgico nel Novecento e utilizzata come magazzino, teatrino e asilo, quindi stabilmente adibita a funzioni profane pur restando bene ecclesiastico. Vengono ricordate le dichiarazioni di don Alfredo Andronico, che in passato aveva parlato di chiesa “abbondantemente sconsacrata dagli anni Trenta”, e, in senso più recente, le precisazioni della Diocesi di Siracusa, secondo cui l’edificio “non è sconsacrato” in senso formale e conserva la dignità di bene sacro. Questo passaggio, già affrontato nella parte storica della scheda, riemerge nel 2024 come uno dei nodi interpretativi al centro del confronto pubblico.

Le testate locali che seguono la vicenda danno conto anche della posizione della Curia aretusea. Nei comunicati diffusi in quel periodo la diocesi ribadisce la titolarità dell’immobile, richiama l’esigenza che ogni attività rispetti il carattere del luogo e ricorda l’esistenza di una controversia giudiziaria con i soggetti che detengono le chiavi della chiesa, avviata dopo un contratto di locazione di breve durata stipulato negli anni precedenti. La questione del possesso materiale dell’edificio e quella della compatibilità delle attività artistiche con la natura ecclesiastica del bene tendono così a intrecciarsi.

Nel complesso, la discussione nata intorno a “Goditela” nel 2024 mette in luce almeno tre livelli di criticità: la tutela di un edificio seicentesco sottoposto a vincoli storico-artistici, la percezione religiosa del luogo come ex chiesa legata ancora alla memoria della comunità, e il ruolo dell’arte contemporanea in uno spazio che non è più adibito al culto ma ne conserva la forma e alcuni segni. Le posizioni espresse da Giansiracusa, dalle istituzioni e dai sostenitori del progetto anticipano e accompagnano il dibattito più ampio che riguarda la gestione dell’immobile e il contenzioso tra diocesi e conduttori, tema affrontato nel paragrafo successivo.

Vicenda amministrativa recente e contenzioso sulla disponibilità dell’immobile

A partire dai primi anni 2020 l’ex chiesa di Gesù e Maria è al centro di una vicenda amministrativa che riguarda la disponibilità dei locali e il rapporto tra la Diocesi di Siracusa e i gestori privati dello spazio. Secondo quanto ricostruito dalla stampa locale, l’immobile è stato concesso in locazione tramite un contratto di natura commerciale stipulato tra l’allora rettore di San Martino e un soggetto privato incaricato di organizzare mostre ed eventi all’interno della chiesa. L’accordo, di durata limitata, prevedeva il versamento di un canone e la restituzione dell’immobile allo scadere del termine pattuito.

Le notizie disponibili indicano che, una volta giunta a scadenza la locazione, la Curia aretusea ha ritenuto concluso il rapporto e ha richiesto ai conduttori la riconsegna delle chiavi. Nel 2022 la diocesi avvia un tentativo di soluzione bonaria, chiedendo il rilascio volontario dell’ex chiesa e il rientro in possesso dei locali, che nel frattempo continuano a essere utilizzati per attività espositive e iniziative culturali. La controparte non aderisce alla richiesta, sostenendo la legittimità della propria permanenza in forza del contratto stipulato in precedenza.

Di fronte al mancato rilascio, nel 2023 la diocesi presenta un ricorso al Tribunale civile di Siracusa per ottenere il rilascio dell’immobile e la definizione della posizione debitoria relativa ai canoni ritenuti non corrisposti. Le cronache giudiziarie riportano che la difesa dei gestori, rappresentata dall’avvocata Maria Alessandra Furnari, contesta la versione della Curia e insiste sulla validità del titolo di detenzione, rimettendo al giudice la valutazione dell’effettiva durata del rapporto e delle somme eventualmente dovute. Non vengono resi pubblici i nomi dei conduttori, né i dettagli puntuali delle clausole contrattuali, che restano coperti dal riserbo processuale.

Nello stesso arco di tempo la diocesi diffonde note in cui ribadisce che la chiesa di Gesù e Maria è un bene ecclesiastico tutelato e non risulta formalmente sconsacrata, precisando che l’uso a fini espositivi deve svolgersi nel rispetto della dignità del luogo e previo accordo con la proprietà. In alcune dichiarazioni si chiarisce che le attività successive alla scadenza del contratto – comprese le mostre discusse dall’opinione pubblica – non rientrano nelle autorizzazioni rilasciate in origine.

Il contenzioso giuridico si intreccia così con il dibattito culturale e religioso sull’uso dell’ex chiesa: da un lato la diocesi rivendica il diritto di riacquisire la piena disponibilità dell’edificio per valutarne una destinazione più coerente con la sua storia e con il quadro normativo canonico; dall’altro i gestori privati sostengono la regolarità del proprio titolo e la continuità di un progetto espositivo avviato da anni. Al momento delle ultime notizie disponibili la causa risulta ancora pendente, e l’esito del giudizio dovrà definire in modo vincolante sia il futuro utilizzo dell’ex chiesa di Gesù e Maria, sia la legittimità delle attività svolte nel periodo oggetto di contestazione.

Accessibilità

Accessibilità motoria

Gradino d’ingresso e basolato in pietra davanti alla ex chiesa di Gesù e Maria in via Capodieci, Ortigia.
Gradino d’ingresso e basolato in pietra davanti alla ex chiesa di Gesù e Maria su via Capodieci.

L’accesso principale alla ex chiesa di Gesù e Maria si affaccia direttamente su via Capodieci, strada lastricata in pietra senza marciapiedi rialzati. Il piano di calpestio presenta basole irregolari, rattoppi e leggere pendenze, con alcuni avvallamenti che possono creare difficoltà a chi utilizza ausili alla deambulazione o ha equilibrio ridotto. Davanti al portale monumentale è presente un solo gradino in pietra, di altezza significativa rispetto al piano stradale; non sono installate rampe fisse né piattaforme accessibili. L’assenza di corrimano laterali rende l’ingresso poco agevole per persone anziane o con mobilità limitata. Lo spazio di manovra davanti alla porta è sufficiente per ruotare una carrozzina solo in condizioni di strada libera, ma risulta parzialmente ostacolato da un palo segnaletico posto vicino al prospetto e, in alcuni periodi, dai tavolini dei locali vicini. Per le persone che si spostano in sedia a rotelle l’accesso autonomo può essere garantito soltanto mediante rampa mobile o aiuto di terzi, mentre per chi cammina con bastone o deambulatore il superamento del gradino richiede comunque attenzione. Non sono documentati percorsi accessibili dedicati né parcheggi riservati in prossimità immediata; l’eventuale fruizione del monumento avviene nell’ambito della normale viabilità pedonale del centro storico di Ortigia. All’interno, la navata si sviluppa in un unico livello privo di barriere evidenti per il pubblico, ma l’accesso al soppalco utilizzato dagli artisti resta riservato e avviene tramite scale non attrezzate con servoscala.

Accessibilità visiva

Per le persone cieche o ipovedenti non risultano ausili specifici strutturali. Lungo via Capodieci mancano percorsi tattili a pavimento o mappe tattili che indirizzino verso l’ingresso della chiesa; la facciata si apre direttamente sulla sede stradale, senza elementi di guida dedicati. Il gradino di accesso ha lo stesso materiale e una cromia simile a quella del basamento, senza banda a forte contrasto visivo, per cui risulta poco distinguibile per chi possiede un residuo visivo limitato. La presenza di un palo metallico sottile vicino al portale costituisce un ostacolo potenziale per chi si orienta con il bastone bianco, in assenza di cordoli o barriere di protezione. All’interno, l’aula presenta solitamente pareti chiare e illuminazione artificiale adattata alle singole mostre; in occasione di eventi artistici si utilizzano spesso luci scenografiche con zone in penombra e fasci luminosi mirati, soluzione che valorizza le opere ma non assicura sempre uniformità di illuminazione per l’orientamento delle persone ipovedenti. Non sono segnalate targhe in braille, pannelli tattili o sistemi di audiodescrizione permanenti; le informazioni risultano fornite soprattutto tramite locandine a stampa e spiegazioni orali del personale di sala o degli artisti.

Accessibilità uditiva

Per le persone sorde o ipoacusiche non sono documentati sistemi di supporto dedicati, come impianti a induzione magnetica o segnalazioni luminose parallele agli avvisi sonori. La chiesa, impostata come navata unica con superfici prevalentemente lisce, offre un’acustica tendenzialmente riverberante, apprezzata per concerti e installazioni sonore ma talvolta meno favorevole alla chiara comprensione del parlato amplificato, in particolare per chi utilizza protesi acustiche. Le comunicazioni al pubblico avvengono di norma attraverso cartelloni, volantini e canali digitali degli organizzatori; durante gli eventi le spiegazioni sono fornite in forma orale, senza indicazioni stabili sull’eventuale presenza di interpreti della Lingua dei Segni Italiana o di sottotitoli per proiezioni video. La fruizione risulta quindi possibile per chi legge i testi espositivi, ma non esistono al momento accorgimenti strutturali pensati specificamente per chi ha una perdita uditiva significativa.

Accessibilità cognitiva

La ex chiesa di Gesù e Maria non dispone di un sistema di segnaletica permanente che illustri in modo semplice la funzione del luogo, gli orari di apertura, le regole di visita e i recapiti di riferimento. Le informazioni sono veicolate soprattutto tramite locandine temporanee relative alle singole mostre o iniziative, con testi spesso impostati in forma promozionale e talvolta densi di riferimenti artistici o simbolici. All’interno, l’allestimento varia di evento in evento: installazioni di arte contemporanea, giochi di luce, elementi tridimensionali come anfore, strutture e cavi a terra possono rendere l’ambiente visivamente complesso per persone con difficoltà di orientamento, disturbi dello spettro autistico o disabilità intellettiva. Non sono segnalati percorsi “semplificati” con spiegazioni in linguaggio facile da leggere né l’uso sistematico di pittogrammi standardizzati. La comprensione complessiva del luogo e degli eventi dipende quindi in larga misura dall’accompagnamento di familiari, educatori o operatori, oltre che dalla disponibilità del personale presente durante le mostre.

Suggerimenti

In linea con il carattere storico dell’edificio e con la collocazione nel tessuto monumentale di Ortigia, alcuni interventi mirati potrebbero migliorare sensibilmente l’accessibilità senza alterare la struttura. Per l’accessibilità motoria risulterebbero utili una piccola rampa mobile per il superamento del gradino d’ingresso, l’individuazione di uno spazio di sosta temporanea in prossimità della facciata e una migliore gestione degli ostacoli fissi davanti al portale. Per la parte visiva sarebbe opportuno applicare una banda a contrasto sul bordo del gradino, installare una targa esterna ad alto contrasto con caratteri ingranditi e, se possibile, aggiungere una breve descrizione in braille o un QR code collegato a contenuti audio. Sul piano uditivo, l’introduzione di un impianto a induzione magnetica portatile per conferenze e presentazioni e l’uso sistematico di testi scritti a supporto del parlato faciliterebbero la partecipazione di persone ipoacusiche. Per l’accessibilità cognitiva, un pannello stabile all’esterno che spieghi in modo semplice che cosa sia l’ex chiesa, come viene utilizzata e dove reperire informazioni, insieme a schede sintetiche degli eventi con linguaggio chiaro e qualche pittogramma, renderebbe il luogo più accogliente per un pubblico più ampio, mantenendo al tempo stesso l’identità storico-artistica dello spazio.

Note

Le informazioni sugli eventi espositivi e sulle iniziative culturali ospitate nell’ex chiesa di Gesù e Maria derivano da articoli di stampa locale, comunicati dell’Arcidiocesi di Siracusa, materiali diffusi dagli organizzatori (festival, associazioni e collettivi artistici) e interviste pubblicate online. I dati relativi a date, titoli delle mostre e nominativi degli artisti riflettono lo stato delle fonti disponibili al momento della redazione e non costituiscono un elenco esaustivo di tutte le attività svolte nell’edificio.

Le notizie sullo status canonico della chiesa, sulla dismissione dal culto negli anni Trenta del Novecento e sugli usi successivi come magazzino, deposito di grano, salone parrocchiale e asilo si basano in particolare su dichiarazioni rese dal parroco di San Martino, don Alfredo Andronico, e su comunicazioni della Diocesi di Siracusa, integrate da ricostruzioni storiche di ambito locale. Le posizioni più recenti della Curia, che qualificano l’edificio come “non sconsacrato” ma non più adibito a funzioni liturgiche ordinarie, sono riportate secondo quanto emerge dalla stampa e dai comunicati ufficiali.

Per quanto riguarda le controversie legate all’uso dell’ex chiesa come spazio espositivo, la presente scheda si limita a riassumere i punti principali del dibattito pubblico emerso su organi di informazione e blog specializzati, senza pretesa di rappresentare l’interezza delle opinioni espresse né di fornire una valutazione di merito sulle singole posizioni. La situazione giuridica e gestionale dell’immobile è suscettibile di ulteriori sviluppi, che potranno rendere necessarie future integrazioni e aggiornamenti.

Scheda aggiunta da Alessandro Calabrò il 5 dicembre 2025.

Fonti

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Tabella dei Contenuti

Indirizzo
Via Capodieci 11, Siracusa
Quartiere / Zona
Ortigia – rione Turba
Epoca / Secolo
XVII secolo (con rimaneggiamenti tra XVIII e XIX secolo).
Accessibilità
Motoria: Ingresso da via lastricata con basole irregolari e un gradino alto senza rampa; interno in piano, soppalco non accessibile, accesso spesso possibile solo con aiuto o rampa mobile.
Visiva: Nessun percorso tattile o braille, gradino poco contrastato e palo vicino al portale; illuminazione interna variabile con zone in penombra e informazioni fornite tramite locandine o spiegazioni orali.
Uditiva: Nessun impianto a induzione o segnalazioni luminose dedicate; acustica riverberante che può rendere meno chiaro il parlato e spiegazioni solo orali, senza LIS o sottotitoli strutturati.
Cognitiva: Nessuna segnaletica stabile o percorsi semplificati; allestimenti variabili con installazioni e oggetti a terra, testi talvolta complessi e comprensione spesso legata all’aiuto di accompagnatori o personale.
Orari o note pratiche