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| Tipo | Festa religiosa mariana |
|---|---|
| Luogo | Ortigia, Siracusa |
| Chiese principali | San Filippo Apostolo, Santa Maria all’Immacolata |
| Periodo | Fine novembre – 8 dicembre |
| Giorno culminante | 8 dicembre |
| Simulacro | Madonna Immacolata (statua lignea, 1952) |
| Riti principali | Atturna, svelata, novena, processione e fuochi sul Porto Grande |
La Festa dell’Immacolata Concezione a Siracusa è una delle ricorrenze mariane più antiche e identitarie della città. Si svolge ogni anno nell’isola di Ortigia e trova oggi il suo centro nel rione della Giudecca e nella chiesa di San Filippo Apostolo, dalla quale partono i momenti principali della celebrazione. I festeggiamenti coprono l’arco che va dalla fine di novembre all’8 dicembre e ruotano attorno a tre assi: la “atturna” notturna con la banda per le vie di Ortigia, la svelata del simulacro all’alba del 29 novembre e la processione pomeridiana dell’8 dicembre per le strade del centro storico.
Nel corso dei secoli il culto si è distribuito tra più chiese: la chiesa francescana di Santa Maria all’Immacolata (nota anche come San Francesco all’Immacolata) in piazza Corpaci, la chiesa di Santa Maria della Concezione annessa all’antico monastero benedettino tra via Roma e via Maestranza, e, in età più recente, la chiesa di San Filippo Apostolo nel quartiere della Giudecca. Oggi il fulcro operativo è proprio San Filippo, mentre Santa Maria all’Immacolata resta il santuario storico dove il simulacro viene custodito per gran parte dell’anno e dove l’8 dicembre mattina si celebra ancora una messa in onore della Vergine.
La devozione è curata dall’antica Confraternita dell’Immacolata, erede della compagnia istituita nel 1597 presso la chiesa francescana. La confraternita coordina il novenario, l’atturna, la svelata, la processione e la consacrazione dei bambini al Cuore Immacolato di Maria. L’8 dicembre, dopo il pontificale del mattino presieduto dall’Arcivescovo, il quartiere e la città si raccolgono attorno alla vara portata a spalla, scortata dai cilii azzurri e accompagnata dalla banda, fino ai fuochi d’artificio sul Porto Grande. La festa apre di fatto il periodo natalizio siracusano e prepara idealmente i giorni di Santa Lucia.
Origini del culto dell’Immacolata a Siracusa
La devozione all’Immacolata Concezione di Maria a Siracusa ha radici profondissime. Le fonti parlano di un culto “da tempo immemorabile”, con notizie documentarie sicure dal XVII secolo. Molto prima della definizione dogmatica dell’8 dicembre 1854, la città onorava Maria concepita senza peccato con un’impronta che andava oltre la semplice memoria liturgica, intrecciando dimensione religiosa e civile.
La matrice più antica va cercata nella forte presenza francescana in Ortigia, e in particolare nella chiesa che diventerà Santa Maria all’Immacolata in piazza Corpaci. L’edificio, sorto su una precedente chiesa dedicata a Sant’Andrea Apostolo, passò ai Francescani Conventuali tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Proprio i Conventuali, grandi difensori del privilegio dell’Immacolata in ambito cattolico, decisero di intitolare la loro chiesa siracusana a Maria Concezione, trasformandola nel primo centro cittadino stabilmente legato a questo titolo. Qui si iniziò a celebrare l’8 dicembre con un solenne novenario preparatorio, prediche dedicate e apparati curati.
Nel 1597, all’interno della chiesa francescana, venne istituita una compagnia laicale sotto il titolo di Maria Santissima Immacolata. La compagnia, poi evoluta in confraternita, aveva come scopo la promozione del culto, la cura degli addobbi e la responsabilità dei festeggiamenti annuali. Questo sodalizio è il nucleo originario dell’attuale Confraternita dell’Immacolata e costituisce uno dei corpi laicali più longevi della città.
In parallelo, tra via Roma e via della Maestranza, sorse un altro polo devozionale legato alla Concezione di Maria: la chiesa di Santa Maria della Concezione, annessa a un grande monastero femminile benedettino. Anche qui l’8 dicembre veniva celebrato con grande sfarzo, con coro monastico, apparati e sostegno di famiglie nobili. Le monache rivendicavano una tradizione almeno pari a quella dei frati, dando vita a una situazione peculiare: due cuori mariani in Ortigia, uno francescano e uno benedettino.
Questa dualità sfociò in una rivalità devozionale. Tra Seicento e Settecento le cronache riportano tensioni sulla precedenza della messa più solenne, sull’uso del titolo e sulla centralità della processione. In gioco non c’erano solo questioni liturgiche, ma anche prestigio, offerte e partecipazione della popolazione. Col tempo si arrivò a un equilibrio: la festa si sarebbe celebrata solennemente in entrambe le chiese, con un riconoscimento di pari dignità.
Intorno al 1740 il Senato cittadino, organo di governo dell’epoca, iniziò a partecipare ufficialmente alle celebrazioni del monastero di via Roma. I giurati assistevano alla messa dell’8 dicembre, sottoscrivevano atti di devozione verso Maria “concebita senza macchia” e così conferivano alla festa un rilievo civico. Senato e nobiltà non abbandonavano però la chiesa francescana, che restava riferimento per la confraternita e per il ceto più popolare di Ortigia. La festa siracusana dell’Immacolata prese forma proprio in questo intreccio tra convento maschile, monastero femminile, confraternita laicale e autorità civili.
Già nelle carte d’archivio del Seicento compaiono voci di spesa per ceri, musiche, apparati, nonché riferimenti a novenari e prediche specifiche sulla Concezione. Il quadro che emerge è quello di una devozione matura e capillare, che unisce pietà popolare e dimensione ufficiale. Quando nell’Ottocento la Chiesa proclamerà il dogma, Siracusa potrà rivendicare almeno due secoli di culto strutturato all’Immacolata.
Cronologia essenziale
- Secoli immemorabili: antica devozione siracusana all’Immacolata Concezione, con culto vivo da epoche remote e attestazioni documentarie certe dal XVII secolo.
- 1597: istituzione presso la chiesa francescana dell’Immacolata di una compagnia laicale intitolata alla Concezione di Maria, incaricata di organizzare i festeggiamenti annuali.
- XVII–XVIII secolo: l’Immacolata diventa una delle feste religiose centrali di Siracusa, accanto a Santa Lucia e San Sebastiano; si consolidano il novenario, la svelata e la processione dell’8 dicembre.
- 1740: il Senato cittadino partecipa ufficialmente alle funzioni dell’Immacolata presso il monastero di Santa Maria in via Roma; si stabilisce di celebrare la festa in entrambe le chiese dedicate all’Immacolata.
- 1800: i Cavalieri di Malta raggiungono processionalmente la chiesa dell’Immacolata con scope nuove e puliscono il pavimento in omaggio alla Vergine.
- 1825: il vescovo Giovanni Amorelli riprende il gesto delle scope con il clero; per anni studenti e professori imitano la tradizione.
- 1866–1870: soppressioni post-unitarie: il monastero di via Roma viene sciolto e in parte venduto, la chiesa riapre più tardi sotto il clero diocesano; la chiesa di piazza Corpaci resta attiva con la confraternita.
- Inizi XX secolo: si consolida l’accordo per celebrare l’Immacolata con pari solennità nelle due chiese storiche; con il tempo la chiesa di via Maestranza diventa il principale riferimento processionale.
- Seconda guerra mondiale: riduzione o sospensione delle processioni per motivi bellici; nel dopoguerra la festa riprende vigore.
- 1952: arrivo dell’attuale simulacro in legno di pino, con braccia aperte verso i fedeli, in sostituzione del precedente simulacro settecentesco.
- Anni ’60–’70: le riforme post-conciliari semplificano alcuni aspetti, ma restano intatti novenario, atturna e svelata.
- Dal secondo Novecento: progressivo spostamento della pratica festiva su San Filippo Apostolo alla Giudecca, che diventa centro operativo della festa.
- Anni 2000: inserimento di mostre, concerti e fuochi sul Porto Grande in chiusura di processione.
- 2020–2021: pandemia Covid-19, con celebrazioni ridotte, accessi limitati, svelata quasi a porte chiuse e sospensione della processione.
- 2022: per lavori a San Filippo, riti spostati nella chiesa di San Giuseppe in Ortigia; processione con fuochi a Porta Marina.
- Dal 2023: conclusi i restauri, la festa torna alla sua forma abituale con atturna, svelata, novena, pontificale e processione per le vie di Ortigia.
Sviluppo storico della festa
Età moderna: Seicento e Settecento
Nel Seicento la festa dell’Immacolata è già uno dei momenti forti del calendario religioso siracusano. Il mese di dicembre si struttura attorno a tre poli: l’8 l’Immacolata, una fase dedicata a San Sebastiano e il 13 Santa Lucia. Ortigia vive così un tempo unitario di celebrazioni che chiude l’anno liturgico e apre il cammino verso il Natale.
Le cronache descrivono via Maestranza e via Roma adornate con archi di frasche, drappi alle finestre e file di ceri. Le famiglie preparano la casa e gli altarini, i fedeli si riversano nelle chiese dell’Immacolata per le prediche del novenario: ogni sera un predicatore illustra le grandezze di Maria, spesso difendendo il privilegio dell’Immacolata contro posizioni teologiche contrarie. Le comunità francescana e benedettina curano apparati, musiche, illuminazioni, creando due percorsi devozionali paralleli dentro Ortigia.
In questo contesto matura una tradizione ancora viva: la svelata del simulacro. Nelle prime ore del 29 novembre, il simulacro dell’Immacolata, collocato sull’altare maggiore e coperto da un velo bianco, viene mostrato ai fedeli nell’oscurità della chiesa. Al canto del Tota Pulchra o di una formula come “Monstra te esse Matrem”, il velo si solleva, le luci si accendono, le campane suonano e la comunità esplode in un applauso spontaneo. Per i siracusani è il segnale che la festa è iniziata.
La svelata è preceduta dall’atturna, la notturna con la banda che, nel buio delle strade, attraversa Ortigia per “svegliare” la popolazione. Il corteo musicale, con la confraternita in abito, percorre vicoli e piazze, esegue marce e inni mariani, invita la gente ad affacciarsi e a seguire il suono fino alla chiesa. Il contrasto tra il silenzio notturno e la musica improvvisa genera un effetto di forte impatto, che ancora oggi i fedeli percepiscono come un momento unico dell’anno.
Nel Settecento la festa si lega alla ricostruzione post-terremoto del 1693. La chiesa francescana di piazza Corpaci riceve la facciata barocca ricurva e gli affreschi di Giuseppe Cristodoro sulla volta, centrati sulla Gloria dell’Immacolata. La chiesa delle Benedettine, in via Roma, viene ampliata e arricchita, con una grande pala dedicata a Maria Concezione. L’8 dicembre entrambe le chiese offrono celebrazioni solenni, con apparati scenografici che vogliono onorare la Vergine e al tempo stesso proporre un messaggio catechetico al popolo.
Il ruolo del Senato cittadino rafforza ulteriormente lo status della festa. A partire dal 1740 i giurati partecipano stabilmente alle funzioni dell’Immacolata, in particolare in via Roma. In una celebre occasione sottoscrivono un atto pubblico in cui si impegnano a difendere il titolo di Maria “concebita senza macchia”, anticipando idealmente di un secolo la definizione dogmatica. La festa assume così anche un valore di identità civica: l’Immacolata è sentita come protettrice della città e del suo governo.
Per evitare conflitti tra frati e monache, si consolida una prassi di equilibrio: la solennità si celebra in entrambe le chiese con pari rilievo. Le famiglie nobili e le autorità alternano la loro presenza; i fedeli possono partecipare a un novenario o all’altro. Ortigia vive una sorta di “doppia processione” interiore all’Immacolata, che diffonde il culto in modo capillare nei suoi quartieri.
Ottocento e primo Novecento
Con l’Ottocento la festa entra in una fase di trasformazioni. Nel 1800 i Cavalieri di Malta, presenti a Siracusa, decidono di offrire un omaggio originale alla Vergine: entrano in processione nella chiesa francescana con scope nuove e si mettono a pulire il pavimento davanti all’altare di Maria. Il gesto, semplice e forte, colpisce i contemporanei e rimane impresso nella memoria cittadina.
Nel 1825 il vescovo Giovanni Amorelli ripete lo stesso gesto insieme al clero e al capitolo: tutti con la scopa in mano a pulire la chiesa come segno di purificazione materiale e spirituale. Per diversi anni gruppi di studenti, guidati dai loro insegnanti, imitano questo “fioretto” all’Immacolata. La tradizione delle scope viene poi meno, ma lascia tracce nel linguaggio popolare e in alcune usanze dei paesi vicini (come gli Scupiddi di Floridia).
Le soppressioni post-unitarie colpiscono gli istituti religiosi. Il monastero benedettino di via Roma viene sciolto, la chiesa chiude per un periodo e poi riapre sotto il clero secolare; l’ex convento francescano conosce destinazioni diverse. In questo quadro la Confraternita dell’Immacolata diventa il soggetto chiamato a garantire continuità: conserva il simulacro, le suppellettili, la memoria degli usi e la responsabilità dei riti.
Dopo la proclamazione del dogma, nel 1854, la festa assume anche un tono di conferma: ciò che la città aveva celebrato per secoli trova riconoscimento nella dottrina ufficiale. Le prediche ricordano come Siracusa avesse già difeso il privilegio mariano quando la questione era ancora oggetto di discussione teologica. Questo orgoglio locale rafforza la partecipazione e mantiene vivi novenario, svelata e processione.
Le cronache di fine Ottocento e inizio Novecento riportano processioni dell’Immacolata molto seguite, con la partecipazione delle confraternite di mestiere (in particolare quella dei falegnami) e di rappresentanti del Municipio. L’8 dicembre diventa per Ortigia un appuntamento che è insieme religioso e sociale: un momento in cui il centro storico si riempie di persone giunte anche da altri quartieri.
La tradizione delle scope, pur affievolendosi, resta presente nel linguaggio e ispira usanze successive. In città si diffonde il detto ironico “l’8 di dicembre pigghia a scupa e vattinni ‘o binidiciri”, che richiama il gesto di pulizia come simbolo di devozione operosa. Il legame tra Immacolata e idea di “casa in ordine” resta forte sia nelle chiese sia nelle abitazioni private.
Durante le due guerre mondiali la festa subisce ridimensionamenti, soprattutto per quanto riguarda le processioni esterne. In particolare nella seconda guerra mondiale, negli anni dei bombardamenti, le autorità vietano cortei nelle strade. Il simulacro rimane in chiesa e diventa punto di riferimento per le preghiere di protezione della città. Nel 1945, con la fine del conflitto, la processione dell’8 dicembre è uno dei primi grandi cortei religiosi in città e assume il valore di ringraziamento per la pace ritrovata.
Dal secondo Novecento a oggi
Nel secondo dopoguerra la festa riprende vigore. Un passaggio decisivo avviene nel 1952, con la realizzazione dell’attuale simulacro in legno di pino: una statua alta oltre due metri e mezzo, dal volto giovane e con le braccia aperte verso i fedeli. L’opera sostituisce un simulacro settecentesco ormai logoro e troppo pesante per l’uso processionale. La vecchia statua, restaurata, trova posto in un’altra chiesa come testimonianza artistica e devozionale.
Gli anni successivi al Concilio Vaticano II introducono alcune semplificazioni nei cerimoniali, ma il cuore popolare della festa rimane intatto. Il novenario continua a svolgersi con rosario, stellario e messa; l’atturna resta nel calendario; la svelata dell’alba segue lo stesso schema, con la chiesa immersa nel buio, il velo bianco, l’accensione improvvisa delle luci e lo scoppio dell’applauso al momento in cui l’Immacolata “si mostra” ai fedeli.
Nel corso del Novecento si consolida anche il ruolo della chiesa di San Filippo Apostolo alla Giudecca. La chiesa francescana di piazza Corpaci, pur restando santuario storico, è meno adatta logísticamente per grandi afflussi, mentre San Filippo dispone di una piazza antistante che può funzionare da sagrato all’aperto. Gradualmente le novene, la svelata e la partenza della processione si spostano su San Filippo, mentre Santa Maria all’Immacolata continua a custodire il simulacro durante il resto dell’anno e ad ospitare una messa l’8 dicembre mattina.
In epoca più recente la festa si arricchisce di eventi culturali collegati: mostre fotografiche sulle confraternite, esposizioni di abiti tradizionali, presentazioni di paramenti e gioielli votivi, percorsi guidati nelle chiese interessate. La Confraternita collabora con l’Arcidiocesi e con realtà associative per far conoscere la storia lunga di questa devozione.
L’emergenza sanitaria del 2020 interrompe bruscamente la consuetudine delle grandi processioni. Per rispettare le norme di sicurezza, la svelata avviene quasi a porte chiuse, con pochi presenti e la trasmissione in streaming; l’accesso alle messe è contingentato; la processione esterna viene sospesa. L’anno successivo la situazione migliora ma resta prudente: i riti sono di nuovo aperti al pubblico, ma si rinuncia ancora al corteo per le vie.
Nel 2022 un altro elemento eccezionale interviene: la facciata di San Filippo è in restauro e si decide di spostare provvisoriamente le celebrazioni nella vicina chiesa di San Giuseppe, sempre in Ortigia. L’atturna parte dall’Immacolata, ma la svelata e la processione si svolgono a San Giuseppe, con i fuochi d’artificio in Largo Porta Marina. Si tratta di un adattamento temporaneo, che mostra la capacità dei riti di muoversi dentro Ortigia senza perdere le loro caratteristiche principali.
Con il completamento dei lavori, la festa torna stabilmente a San Filippo. I programmi recenti indicano in modo costante la notturna del 29 novembre, la svelata alle prime luci, la novena fino al 7 dicembre, il pontificale dell’8 al mattino, la messa pomeridiana con consacrazione dei bambini, la processione al tramonto e i fuochi sul Porto Grande in serata. Nonostante i cambiamenti storici, la struttura di fondo resta riconoscibile a chi vi partecipa da decenni.
La festa oggi: riti e celebrazioni attuali
La forma attuale della festa dell’Immacolata a Siracusa è il risultato di questa lunga stratificazione. Chi vi prende parte oggi ritrova gesti che hanno alle spalle secoli di pratica, inseriti in un calendario che si ripete con regolarità. Di seguito una panoramica dei riti principali così come si svolgono negli ultimi anni, con riferimento soprattutto alle celebrazioni nell’area di San Filippo e della Giudecca.
Celebrazioni liturgiche
Il cuore spirituale della festa è la novena che va dal 30 novembre al 7 dicembre. Ogni sera, nella chiesa di San Filippo Apostolo, i fedeli si riuniscono per la recita del rosario, seguita dallo Stellario dell’Immacolata, una serie di invocazioni che presentano Maria come stella, madre, rifugio e luce. Dopo le preghiere inizia la messa con predicazione mariana.
Spesso vengono invitati sacerdoti provenienti da altre parrocchie della diocesi: una sera celebra il parroco del Duomo, un’altra quello di San Paolo o di altre comunità. In questo modo la festa non resta confinata alla Giudecca, ma coinvolge simbolicamente l’intera città. La partecipazione varia da giorno a giorno, ma la presenza stabile dei residenti del quartiere è evidente e conferma il carattere “rionale” dell’evento.
La vigilia del 7 dicembre ha un tono particolare. La messa serale viene spesso arricchita da un momento musicale: un coro di voci bianche, un coro parrocchiale o un piccolo ensemble esegue canti mariani antichi e moderni. In alcuni anni, al termine della celebrazione, si svolge una breve processione interna o attorno alla chiesa, con la recita di un’ultima preghiera affidata alla Madonna prima del giorno solenne.
L’8 dicembre si aprono le celebrazioni del giorno festivo. A Santa Maria all’Immacolata in piazza Corpaci viene celebrata una messa mattutina che richiama la tradizione di questo santuario storico. A San Filippo, verso le 10:30, ha luogo il pontificale presieduto dall’Arcivescovo metropolita di Siracusa: l’assemblea è composta da confrati, fedeli, delegazioni di parrocchie, autorità civili e militari.
Nel pomeriggio dell’8, intorno alle 16:30, si celebra una messa dedicata in modo speciale alle famiglie e ai bambini. Durante questa liturgia è prevista la consacrazione dei piccoli al Cuore Immacolato di Maria. Le famiglie portano figli anche molto piccoli, spesso vestiti con abiti chiari o con un fiocco azzurro. Dopo l’omelia, i bambini vengono presentati all’altare: il sacerdote recita una preghiera di affidamento e, a ciascuno, viene posta al collo una piccola medaglia miracolosa come segno di protezione mariana. Molti genitori raccontano di conservare ancora la propria medaglietta ricevuta da bambini nello stesso rito.
Terminata la messa pomeridiana, la chiesa entra nella fase di preparazione immediata alla processione: i portatori assumono il loro posto, la Confraternita dispone i cilii, i fiori vengono sistemati ai piedi del simulacro, la banda prende posizione all’esterno. La piazzetta di San Filippo e le strade vicine iniziano a riempirsi di persone che attendono l’uscita della vara.
L’“atturna” e la svelata del 29 novembre
La notte tra il 28 e il 29 novembre resta uno dei momenti più caratteristici dell’intero ciclo. Attorno alle 3 del mattino, quando Ortigia di solito è immersa nel silenzio, la banda musicale e i confrati dell’Immacolata si radunano davanti alla chiesa da cui è previsto l’avvio dell’atturna. Al cenno del capo-confraternita la banda attacca le prime marce e il corteo entra nei vicoli bui.
Il percorso non è rigidamente fisso, ma in genere interessa le zone centrali di Ortigia: via della Giudecca, via Maestranza, piazza Archimede, alcune traverse verso via Roma e rientro nell’area di San Filippo. La banda alterna marce processionali e inni mariani; i confrati sfilano in abito con piccoli lumi o lampioncini; dalle case qualcuno si affaccia, altri aprono le finestre ancora assonnati, qualcuno scende in strada per seguire per un tratto il corteo.
L’atturna ha una funzione pratica e simbolica: invita la popolazione a svegliarsi e ad andare in chiesa per la messa dell’aurora, ma allo stesso tempo crea un clima di attesa che segna il passaggio dalla vita ordinaria al tempo della festa. L’eco della banda tra le vie strette, la luce dei lampioni, le voci dei confrati e di chi si unisce al cammino costruiscono un paesaggio sonoro che molti siracusani associano d’istinto all’inizio di dicembre.
Verso le 4:30 il corteo rientra nella zona di San Filippo. La chiesa inizia a riempirsi di fedeli che arrivano alla spicciolata, mentre la banda si dispone all’esterno in vista della messa. Alle 5:00 circa ha inizio la celebrazione dell’aurora: la chiesa è semibuia, il simulacro è già sull’altare maggiore ma nascosto da un grande velo bianco.
Durante la messa si arriva al momento atteso della svelata. Al canto del Tota Pulchra o alla proclamazione della frase “Monstra te esse Matrem!”, chi è incaricato tira le corde che sorreggono il velo, che si solleva lentamente. Contemporaneamente si accendono tutte le luci e l’organo e la banda attaccano un inno mariano. I fedeli scoppiano in un applauso prolungato, molti alzano fazzoletti bianchi, le voci si intrecciano in acclamazioni come “Evviva Maria!”.
La svelata non è solo un artificio scenografico, ma esprime un’idea teologica e affettiva: la Madonna che “si mostra” al popolo, all’inizio del suo tempo di festa. Dopo la svelata, la messa prosegue e al termine la statua resta esposta alla venerazione dei fedeli sull’altare maggiore. Per il resto del giorno l’Immacolata rimane visibile, con i fedeli che salgono a pregare, accendono ceri, affidano intenzioni personali.
La processione dell’8 dicembre
La processione dell’8 dicembre costituisce il culmine esterno della festa. Nel primo pomeriggio, dopo la messa con la consacrazione dei bambini, i confrati preparano la vara all’esterno di San Filippo. Il simulacro viene fissato sulla piattaforma lignea, ai suoi piedi sono disposti mazzi di fiori freschi, la base viene completata con drappi e decorazioni. I cilii azzurri, già addobbati la vigilia, vengono portati fuori e allineati davanti alla chiesa.
Intorno alle 17:00, al suono festoso delle campane, la Confraternita dà inizio al rito dell’uscita. Le porte di San Filippo si spalancano, la vara viene sollevata a spalla dai portatori e il simulacro appare sulla soglia, illuminato dalle luci e circondato dall’incenso. Nel momento in cui la statua varca il portale, la banda esegue una marcia solenne e in cielo si aprono i tradizionali ‘nzareddi (strisce colorate) o piccoli giochi pirotecnici di saluto.
Il corteo si forma con un ordine consolidato: in testa il labaro confraternale e uno o più cilii, poi la banda musicale “Città di Siracusa”, quindi gli altri cilii infiorati, la vara con l’Immacolata, i confrati in abito bianco e mozzetta azzurra, le rappresentanze di altre associazioni religiose e confraternite cittadine (tra cui spesso i portatori di Santa Lucia e gruppi legati ai mestieri), il clero con croce astile e gonfalone, infine le autorità e la folla dei fedeli.
Il percorso segue uno schema di base, con leggere varianti secondo gli anni. Di norma, dalla piazza di San Filippo il corteo scende lungo via della Giudecca, raggiunge via Maestranza e attraversa questa lunga arteria barocca costeggiata da palazzi e balconi drappeggiati di azzurro. Arriva così in piazza Archimede, compie un giro attorno alla Fontana di Diana e prosegue verso via Roma, che conduce a piazza Minerva e poi a piazza Duomo.
In piazza Duomo il simulacro effettua una sosta rilevante: la vara viene posta al centro, rivolta verso la facciata della Cattedrale. L’assemblea intona un canto mariano, spesso l’Ave di Lourdes o un inno locale. Questo momento viene percepito come un incontro ideale tra l’Immacolata e Santa Lucia, la cui statua e le cui reliquie si trovano all’interno della Cattedrale. Dopo la sosta, la processione riprende passando per vie come Landolina o Picherali, fino a raggiungere la parte bassa di Ortigia.
Uno dei punti più attesi è il tratto in cui la vara viene rivolta verso il mare, in via Ruggero Settimo o nell’area del Foro Italico. Qui, in orario serale, dal porto vengono lanciati fuochi d’artificio che illuminano il cielo e si riflettono sulle acque del Porto Grande. L’effetto visivo, unito alla presenza del simulacro rivolto verso il mare, crea un quadro che molti considerano uno dei momenti più emozionanti dell’8 dicembre.
Terminato lo spettacolo pirotecnico, il corteo prosegue attraverso Largo Porta Marina, via Savoia, Largo XXV Luglio (nei pressi del Tempio di Apollo) e, spesso, un tratto di corso Matteotti, per poi tornare verso piazza Archimede e risalire nuovamente in direzione della Giudecca. Il ritmo della processione è lento e scandito: i portatori si alternano, la banda esegue marce e inni, la folla segue o attende ai lati delle strade.
Lungo il percorso, balconi e finestre sono adornati con drappi celesti e immagini mariane; in diversi punti cadono petali di fiori dall’alto al passaggio della statua. Alcuni devoti percorrono il tragitto scalzi per voto o per ringraziamento di una grazia. In certi tratti il simulacro viene posto in posizione frontale rispetto a edicole votive o ad altre chiese (come San Giuseppe o l’ex monastero di via Roma) per un breve momento di preghiera.
Il rientro a San Filippo avviene in tarda serata, tra le 21:00 e le 22:00. La vara viene riportata davanti alla chiesa e girata verso la folla per un ultimo “saluto” della Madonna ai fedeli. Possono esserci ancora luci o piccoli fuochi di chiusura. Il parroco pronuncia una breve riflessione finale, impartisce la benedizione e guida un ultimo canto mariano, spesso il Magnificat. Poi il simulacro rientra in chiesa, viene deposto sull’altare e, nei giorni successivi, tornerà a essere coperto dal velo che verrà sollevato solo nel ciclo dell’anno seguente.
La Confraternita dell’Immacolata e il suo ruolo nella festa
La Confraternita di Maria Santissima Immacolata di Siracusa è il soggetto laicale che sostiene dall’interno il culto e la festa. Le origini risalgono, come detto, alla compagnia fondata nel 1597 presso la chiesa francescana di Santa Maria all’Immacolata. Nel corso dei secoli il sodalizio ha cambiato forme giuridiche e statuti, ma ha mantenuto il legame con il titolo dell’Immacolata e con l’8 dicembre.
Gli statuti, aggiornati più volte, indicano come finalità principali la promozione del culto mariano, l’assistenza ai confrati, la carità verso i bisognosi e la cura della festa. Dopo le soppressioni ottocentesche e la chiusura del monastero di via Roma, la Confraternita ha assunto di fatto la custodia materiale del simulacro, della vara e degli arredi, collaborando con il clero diocesano per la gestione delle celebrazioni.
Sul piano pratico, i confrati intervengono in ogni fase dei festeggiamenti. Nei giorni precedenti sistemano gli altari, provvedono alla pulizia, coordinano gli addobbi floreali, verificano lo stato della vara e dei cilii. All’interno del sodalizio esistono incarichi specifici: un Governatore o Priore, responsabili per la vara e per i cilii, referenti per la banda, addetti all’ordine lungo il percorso.
La notte dell’atturna, la Confraternita guida la banda nei vicoli; durante la svelata alcuni confrati si occupano del meccanismo del velo; nella processione sono presenti come portatori della vara e dei grandi ceri, e come servizio d’ordine per garantire un flusso sicuro dei partecipanti. Il loro contributo non è solo decorativo, ma incide in modo concreto sul funzionamento dei riti.
L’abito confraternale, consolidato tra Ottocento e Novecento, è composto da tunica bianca stretta in vita da un cingolo chiaro, mozzetta azzurra sulle spalle e piccolo berretto azzurro sul capo. Sul petto è fissata una medaglia o uno stemma con l’immagine dell’Immacolata o il monogramma mariano. L’uso del berretto azzurro, invece del cappuccio chiuso tipico di altre confraternite, sottolinea un clima di gioia più che di penitenza austera.
Durante le funzioni religiose, i confrati in abito occupano posti dedicati in chiesa, spesso nella zona presbiterale o nei banchi laterali. In processione formano una sorta di “spina dorsale” del corteo: aprono alcuni tratti con i cilii, circondano la vara, accompagnano la Madonna lungo tutto il tragitto. La presenza femminile, un tempo organizzata nelle Figlie di Maria legate all’Immacolata, oggi non ha una struttura associativa autonoma, ma molte donne devote partecipano in modo stabile alle celebrazioni e si riconoscono nella tradizione mariana del quartiere.
Durante l’anno la Confraternita promuove momenti di preghiera, incontri formativi e iniziative caritative. In alcuni periodi ha organizzato novene domiciliari: una piccola statua dell’Immacolata viene portata a turno nelle case del quartiere, dove si recita insieme il rosario. Nei giorni della festa la Confraternita collabora con la parrocchia per iniziative di solidarietà, come pranzi per persone in difficoltà o distribuzione di generi alimentari.
Una tradizione curata con particolare attenzione è quella dei cilii. Il giorno prima della processione, i confrati (spesso affiancati da fiorai e da famiglie legate da generazioni a uno specifico cero) si ritrovano per fissare fiori freschi, nastri e decorazioni. Questo lavoro manuale diventa anche occasione di scambio fra generazioni: i confrati più anziani trasmettono ai più giovani piccoli segreti tecnici e storie legate alla festa.
Il simulacro dell’Immacolata: storia e iconografia
Il simulacro della Madonna Immacolata è il centro visivo e affettivo della festa. L’attuale statua, giunta nel 1952, è scolpita in legno di pino, alta oltre due metri e mezzo e cava all’interno per ridurre il peso complessivo. La scelta del materiale e della struttura tiene conto della necessità di portare a spalla la statua per ore lungo le strade di Ortigia.
Maria è raffigurata in piedi su una base a forma di nube, popolata da testine di cherubini dorati. Al di sotto si distinguono la mezzaluna, che richiama la “donna vestita di sole” dell’Apocalisse, e il serpente schiacciato, simbolo del peccato originale vinto dalla sua concezione senza macchia. La veste bianca e il manto azzurro, entrambi rifiniti con segni dorati, seguono uno schema immediatamente riconoscibile dai fedeli.
Il volto mostra lineamenti giovani e sereni; lo sguardo è rivolto leggermente verso il basso, per incrociare gli occhi di chi guarda dal basso della navata o dalla strada. Sul capo si trova una corona regale, spesso arricchita da piccoli inserti lucenti, e sopra di essa un’aureola con dodici stelle.
La peculiarità più evidente del simulacro siracusano sta nella posizione delle braccia. La Madonna non ha le mani giunte né incrociate sul petto, ma tiene le braccia aperte in avanti, con i palmi rivolti verso l’esterno e leggermente inclinati verso il basso. Questa posa dà l’impressione di un gesto di accoglienza e di benedizione allo stesso tempo, quasi un abbraccio esteso a chi la guarda. Durante la svelata e la processione molti devoti interpretano questo gesto come un segno della vicinanza concreta di Maria alla città.
Nella memoria degli anziani l’attuale statua è spesso chiamata “la Madonna nuova” per distinguerla dal simulacro settecentesco precedente. Di quest’ultimo le fonti riportano che fosse anch’esso in legno, databile attorno al 1723, con iconografia più tradizionale (mani giunte, stile barocco accentuato). Con l’arrivo della statua del 1952 si decise di restaurare l’antica e di collocarla in un’altra chiesa di Ortigia, dove è considerata soprattutto come opera d’arte e memoria storica del culto.
Oltre alle grandi statue processionali, nel tempo sono esistite altre effigi minori legate all’Immacolata: piccoli simulacri per altari laterali, immagini su tela, bassorilievi presenti in cappelle di confraternite o in edicole votive. Una parte di questo patrimonio è ancora visibile in diverse chiese dell’isola; un’altra parte sopravvive solo nelle descrizioni di inventari e cronache.
La vara su cui la statua viaggia durante la processione è una struttura in legno rinforzata da elementi metallici, con quattro lunghe stanghe laterali destinate a poggiare sulle spalle dei portatori. Otto confrati per volta sostengono il fercolo, con altri portatori pronti a subentrare nei punti di sosta o in tratti impegnativi del percorso. Sul piano superiore della base si innalza un piccolo tempietto decorato, con colonne e volute dorate, che incornicia il simulacro.
Agli angoli sono collocati piccoli putti scolpiti che sorreggono lampade o elementi ornamentali. Su alcune parti compaiono stemmi mariani, come il monogramma “AM”. In sommità un elemento a corona, spesso circondato da altri motivi decorativi, richiamo la regalità della Vergine. La vara è frutto di stratificazioni: elementi più antichi si combinano con adattamenti novecenteschi e con interventi recenti pensati per dare maggiore sicurezza e stabilità al complesso.
Strettamente collegati al simulacro sono i cilii. Si tratta di grandi ceri processionali montati su supporti lignei dipinti in azzurro, portati a spalla da confrati e devoti scelti. Aprono la processione e accompagnano la statua lungo il percorso come un cordone di luce. Ogni cero viene adornato con fiori freschi, nastri e, a volte, piccole immagini mariane. La tradizione dei cilii è presente anche nelle feste di Santa Lucia e San Sebastiano, con colori e dettagli diversi; per l’Immacolata il colore distintivo è l’azzurro.
Nel corso dei secoli molte famiglie hanno offerto ex voto all’Immacolata: piccoli cuori d’argento, figure di mani, occhi, bambini, ma anche gioielli veri e propri (collane, anelli, orecchini). Alcuni di questi doni vengono applicati alla statua nelle occasioni solenni, ad esempio sotto forma di collana sul petto o di orecchini. Esistono anche mantelli preziosi, donati da confraternite o da benefattori, che possono essere utilizzati per l’esposizione in chiesa.
La maggior parte degli ex voto e dei paramenti più delicati è custodita in spazi protetti della parrocchia o della Confraternita. In alcune edizioni della festa, una selezione di questi oggetti è esposta in mostre temporanee, che consentono ai fedeli e ai visitatori di vedere da vicino testimonianze materiali del legame tra la città e la sua Immacolata.
Aspetti sociali, urbani e devozionali
La festa dell’Immacolata a Siracusa non è solo un appuntamento liturgico, ma un fenomeno che tocca il tessuto sociale e l’identità dei quartieri storici. La Giudecca, antico rione ebraico, si sente da tempo casa della Madonna Immacolata. Molte famiglie raccontano di aver partecipato alla svelata e alla processione sin da bambini, accompagnate da genitori e nonni, e vivono l’8 dicembre come tappa fissa del proprio anno.
In numerose abitazioni di Ortigia, accanto a immagini di Santa Lucia, compaiono foto della processione dell’Immacolata: scatti in bianco e nero del dopoguerra, fotografie a colori degli anni Ottanta, immagini digitali recenti con la statua che passa tra i palazzi barocchi. In alcune case campeggiano foto di parenti in veste di portatori o di confrati, conservate come motivo di orgoglio.
I giorni della novena trasformano la Giudecca in un luogo di incontro quotidiano. Dopo la messa serale, la piazza di San Filippo diventa un piccolo spazio di socialità: si scambiano notizie, si commenta l’omelia, si ricordano edizioni passate della festa. L’atturna della notte del 29 novembre è spesso al centro dei racconti: si rievoca la prima volta in cui si è stati svegliati dalla banda, l’episodio di chi si è affacciato di corsa, i bambini spaventati dal rullo improvviso dei tamburi.
La festa ha un ruolo nel mantenere vivo il rapporto tra la città e il suo centro storico. Molti abitanti dei quartieri nuovi tornano in Ortigia per l’8 dicembre, spesso perché legati alle origini familiari in Giudecca o in vie vicine. Per alcuni l’andare alla svelata o alla processione è percepito come un piccolo “pellegrinaggio” verso il quartiere della propria infanzia o dei propri genitori.
Gli studiosi di tradizioni popolari considerano la festa dell’Immacolata un caso interessante di sopravvivenza di tratti barocchi nel presente: l’uso della banda in piena notte, il rito della svelata, i cilii infiorati portati a spalla, i fuochi sul mare rimandano a un modo di vivere il sacro che non rinuncia alla dimensione scenica. A Siracusa questi elementi non vengono percepiti come spettacolo fine a sé stesso, ma come forma di onore dovuta a Maria e come linguaggio attraverso cui la fede entra nello spazio urbano.
Il legame con Santa Lucia è continuo. Tradizionalmente si considera l’Immacolata come apertura del ciclo dicembrino, mentre la patrona struttura i giorni successivi. In alcune annate l’Arcivescovo ha voluto sottolineare il rapporto tra le due feste portando le reliquie di Santa Lucia a San Filippo durante la novena mariana, quasi a creare un incontro tra la patrona e l’Immacolata prima dei giorni luciani.
La festa svolge anche una funzione di ponte tra generazioni. Gli anziani trasmettono ai più giovani racconti di come “l’atturna mi la purtava me nonnu quann’era picciriddu”, spiegano il senso dei voti, insegnano canti e preghiere. I portatori più esperti guidano i giovani nei primi anni in cui prendono la vara sulle spalle, condividono accorgimenti pratici, mostrano come “sentire” il peso e il ritmo della marcia.
Nel linguaggio quotidiano restano tracce della festa. Oltre al detto sulle scope, si usa dire che “cu passa a festa r’a Maronna, poi pensa a Natali”: chi attraversa bene la festa dell’Immacolata può poi rivolgersi al ciclo natalizio. La ricorrenza diventa così una soglia simbolica tra la vita ordinaria e il tempo delle feste di fine anno.
Dal punto di vista urbano, la processione ridefinisce per alcune ore l’uso dello spazio. Le ordinanze comunali vietano il transito di auto e l’esposizione di cassonetti nelle vie interessate; i vigili urbani presidiano incroci e punti critici; in alcuni tratti sono presenti mezzi di soccorso. La città mette così a disposizione il proprio centro storico per un evento che il Comune considerata parte del patrimonio condiviso.
Per i visitatori che non appartengono direttamente alla cerchia dei devoti, la festa dell’Immacolata è spesso la porta di ingresso a una Siracusa “interna”: meno legata al turismo e più legata alla vita di quartiere, alle relazioni di vicinato, alle abitudini delle famiglie. Chi si imbatte nella processione l’8 dicembre sperimenta un volto della città in cui chiese, vicoli, piazze e persone formano un unico scenario attorno alla figura dell’Immacolata.
Accessibilità
Accessibilità motoria
La festa dell’Immacolata si svolge in un contesto urbano storico, tra la chiesa di San Filippo Apostolo alla Giudecca, Santa Maria all’Immacolata in piazza Corpaci e le vie di Ortigia interessate dall’“atturna” e dalla processione. Le strade sono strette, con pavimentazione in pietra e tratti spesso irregolari; questo può creare qualche difficoltà a chi cammina con bastone o ha equilibrio ridotto, soprattutto nelle ore notturne o in presenza di folle numerose. I marciapiedi, dove esistono, sono di solito stretti e non sempre allo stesso livello del piano stradale, quindi molte persone preferiscono seguire il corteo direttamente sulla carreggiata, in genere chiusa al traffico ma occupata da portatori, cilii, banda e fedeli. Gli ingressi delle chiese coinvolte presentano in genere alcuni scalini; per le persone in carrozzina l’accesso richiede aiuto da parte di accompagnatori o pedane mobili predisposte per le celebrazioni, quando disponibili. All’interno delle chiese lo spazio di manovra è discreto nelle navate centrali, mentre diventa più limitato nelle cappelle laterali e nei pressi dell’altare durante i momenti di maggiore affluenza. Sedie e panche consentono soste frequenti a chi non può restare a lungo in piedi, ma nei giorni di festa i posti a sedere possono esaurirsi rapidamente.
Accessibilità visiva
Per le persone cieche o ipovedenti la festa presenta aspetti favorevoli e altri più impegnativi. Non risultano percorsi tattili ufficiali, mappe tattili o indicazioni in braille dedicate ai riti dell’Immacolata; l’orientamento avviene quindi tramite il bastone bianco, il supporto di accompagnatori e i riferimenti uditivi offerti in modo naturale dalla banda, dalle campane e dal flusso delle persone. All’interno delle chiese l’illuminazione varia a seconda dei momenti liturgici: la svelata prevede una fase di buio quasi completo seguita da accensione improvvisa delle luci, passaggio che può disorientare alcune persone ipovedenti. Nelle celebrazioni ordinarie la luce artificiale è di solito sufficiente per chi possiede un residuo visivo, anche se l’addensarsi della folla rende meno netti i contrasti e riduce la percezione degli ostacoli a bassa altezza. Lungo il percorso processionale occorre prestare attenzione a basole irregolari, dislivelli, pali dell’illuminazione, basi dei cilii e cordoni delle transenne, che non sono sempre segnalati con contrasti cromatici marcati. Per i fedeli ciechi la dimensione sonora della festa (banda, canti, voci dei devoti) favorisce il coinvolgimento anche in assenza di supporti visivi, mentre la descrizione verbale da parte di accompagnatori può arricchire l’esperienza del simulacro, delle luminarie e dei fuochi sul porto.
Accessibilità uditiva
La festa si basa in larga misura su elementi sonori: letture, omelie, preghiere recitate, canti e musica bandistica, senza che siano stabilmente presenti sistemi di amplificazione pensati per ipoacusici, impianti a induzione magnetica o avvisi luminosi paralleli ai segnali acustici. Le persone con protesi o impianti cocleari traggono beneficio dalla diffusione audio, che in genere raggiunge buona parte della chiesa e della piazza, ma le distorsioni dovute alla forte riverberazione interna e al rumore di fondo possono ridurre la comprensibilità del parlato. Per chi è sordo profondo, l’accesso ai contenuti liturgici dipende quasi del tutto dalla disponibilità di libretti con testi delle preghiere e dei canti o da servizi di interpretariato LIS attivati occasionalmente su iniziativa di gruppi o associazioni. Durante la processione il messaggio religioso arriva in modo visivo attraverso la statua, i cilii e le luminarie, mentre la componente verbale resta poco accessibile a chi non può udire né leggere il labiale in mezzo alla folla.
Accessibilità cognitiva
Le celebrazioni dell’Immacolata utilizzano un linguaggio liturgico tradizionale, con riferimenti teologici e formule fisse che alcune persone con disabilità cognitiva possono trovare poco immediati. La struttura dei riti è però abbastanza ripetitiva: novena serale, svelata del 29 novembre, pontificale e processione dell’8 dicembre seguono schemi che si ripetono di anno in anno e che, una volta appresi, risultano prevedibili e quindi più gestibili. La segnaletica diretta alla festa è limitata; la maggior parte delle informazioni pratiche (orari, percorsi, divieti di sosta) circola tramite manifesti, comunicati stampa e canali online parrocchiali o diocesani, testi spesso densi di dettagli. Le persone che necessitano di messaggi semplificati traggono vantaggio dall’accompagnamento di familiari, educatori o volontari che spiegano con frasi brevi i passaggi principali e i comportamenti attesi, ad esempio quando restare seduti, quando alzarsi, dove sostare al passaggio della vara.
Suggerimenti
Per migliorare la fruibilità della festa da parte di persone con disabilità diverse, alcuni interventi appaiono realistici e coerenti con il contesto storico di Ortigia. Rampe mobili certificate o piccoli scivoli in corrispondenza degli accessi principali di San Filippo e di Santa Maria all’Immacolata ridurrebbero l’impatto dei gradini per chi usa la carrozzina o il deambulatore, senza alterare in modo permanente le facciate. L’individuazione di alcune aree riservate a persone con mobilità ridotta, dotate di sedie e con minore pressione della folla, renderebbe più agevole la partecipazione alle messe e alla processione. Dal punto di vista visivo, brevi descrizioni audio registrate del simulacro, dei riti principali e del percorso, diffuse tramite canali web o codici QR, offrirebbero un supporto utile a ciechi e ipovedenti, insieme a una segnaletica più leggibile con caratteri grandi e buon contrasto. Per l’accessibilità uditiva, la presenza saltuaria di un interprete LIS nelle celebrazioni centrali e la pubblicazione online dei testi delle preghiere e delle omelie in forma scritta permetterebbero un migliore accesso alle persone sorde. Infine, schede sintetiche con linguaggio semplificato, icone chiare e pochi passaggi chiave aiuterebbero chi ha difficoltà di comprensione a orientarsi nella sequenza dei riti e nei comportamenti richiesti durante l’“atturna”, la svelata e la processione.
Note e curiosità storiche
Il conflitto delle due Immacolate. Per lungo tempo Siracusa ha conosciuto due celebrazioni parallele dell’Immacolata: una legata ai frati Conventuali in piazza Corpaci, l’altra alle monache benedettine in via Roma. Le cronache parlano di fedeli divisi per preferenza, attratti ora dagli apparati dei Francescani, ora dallo sfarzo del monastero. Questa pluralità non ha spento la devozione, anzi ha dato alla città la percezione di una presenza mariana diffusa. La scelta di celebrare l’8 dicembre in entrambe le chiese, e oggi la doppia messa (via Roma e San Filippo), mantiene memoria di questa storia.
Le “scope” dell’Immacolata. L’episodio dei Cavalieri di Malta che puliscono la chiesa con le scope nel 1800, e la ripetizione del gesto da parte del vescovo e degli studenti, ha lasciato una traccia forte nell’immaginario. A Siracusa città l’usanza è venuta meno, mentre in paesi della provincia sopravvive sotto forma di processioni di bambini con le scope (Scupiddi). Il modo di dire “l’8 di dicembre pigghia a scupa e vattinni ‘o binidiciri” conserva l’eco di quella pratica come richiamo a una devozione fatta anche di gesti umili e concreti.
Il giuramento del Senato. Tra gli episodi più citati spicca il voto del Senato cittadino nel Settecento. In una celebrazione in monastero, i giurati sottoscrivono un atto in cui si dichiarano difensori del titolo di Maria “concebita senza macchia”. Il documento, custodito nell’Archivio storico comunale, mostra come la città si sia posta esplicitamente dalla parte del privilegio mariano ben prima della proclamazione del dogma.
Immacolata e Santa Lucia. A Siracusa il rapporto tra Immacolata e Lucia è molto stretto. In alcune edizioni della festa, le reliquie di Santa Lucia vengono portate in San Filippo durante la novena mariana, come segno di collegamento tra le due ricorrenze. Nel linguaggio popolare si dice che Maria “apre la strada” a Lucia: la festa dell’8 dicembre prepara all’ottava luciana e all’intero ciclo che ruota attorno alla patrona.
Un titolo di patrona mancata. In passato, in alcune discussioni cittadine, emerse l’idea di affiancare in modo formale il titolo di patrona di Siracusa a Maria Immacolata accanto a Santa Lucia. Questo non accadde, ma rimase viva la percezione dell’Immacolata come “patrona del cuore” degli ortigiani. Ancora oggi alcune edicole riportano invocazioni che parlano della Vergine Immacolata come protettrice della città, pur nel rispetto del ruolo ufficialmente riconosciuto a Lucia.
Tradizioni culinarie. L’8 dicembre segna anche l’inizio del periodo natalizio in cucina. Nelle famiglie siracusane esistono dolcetti legati per consuetudine alla festa, come i biscotti glassati chiamati in alcune famiglie “biscotti della Concezione”. In passato i fornai distribuivano il “pane di Maria” ai più poveri della Giudecca; oggi questa sensibilità si riflette in iniziative caritative parrocchiali che prevedono pranzi o distribuzione di pasti per persone in difficoltà.
Scheda aggiunta da Alessandro Calabrò il 8 dicembre 2025.
