Gaetano Moscuzza (Siracusa, 1 agosto 1820 – Siracusa, 16 aprile 1909) è stato un medico e politico italiano dell’Ottocento, noto per essere stato sindaco di Siracusa e senatore del Regno d’Italia. Nacque e morì a Siracusa, dove trascorse quasi interamente la vita. Nominato senatore a vita il 24 maggio 1863 da Vittorio Emanuele II (VIII legislatura) in virtù del suo censo e impegno patriottico, mantenne la carica fino alla scomparsa nel 1909, diventando il decano di Palazzo Madama e uno degli ultimi senatori superstiti nominati subito dopo l’Unità. Fu inoltre sindaco di Siracusa in due distinti periodi – l’ultimo sotto il regime borbonico (1856–1860) e poi nei primi anni post-unitari (1866–1867) – risultando l’unico siracusano ad aver ricoperto tale carica sia prima che dopo l’Unificazione. La sua figura è ricordata come quella di un patriota moderato e amministratore di provata rettitudine. Alla morte, il Presidente del Senato Giuseppe Manfredi lo commemorò pubblicamente, esaltandolo come “dottore in medicina, di civili natali e di ricco patrimonio”, patriota del 1848 e servitore fedele delle istituzioni del nuovo Regno. In città il suo nome è tuttora presente nell’odonomastica con la Via Senatore Gaetano Moscuzza (nel quartiere Borgata Santa Lucia, presso il Porto). Il luogo di sepoltura non è esplicitamente indicato dalle fonti disponibili; è probabile che sia stato tumulato nella cappella di famiglia nel cimitero monumentale di Siracusa (dato da confermare).
Gaetano Moscuzza (1820–1909), medico, senatore del Regno e sindaco di Siracusa. | |
| Carica pubblica | |
|---|---|
| Carica | Sindaco di Siracusa |
| Mandato | 1866 – 1867 |
| Predecessore | Gaetano Adorno Zappalà |
| Successore | Giambattista Rizza |
| Altro mandato | Sindaco di Siracusa (1856 – 1860) |
| Altre cariche | |
| Carica | Senatore del Regno d’Italia |
| Nomina | 24 maggio 1863 |
| Fine mandato | 16 aprile 1909 |
| Dati personali | |
| Nascita | Siracusa, 1 agosto 1820 |
| Morte | Siracusa, 16 aprile 1909 |
| Professione | Medico, politico |
Famiglia e rete personale
Gaetano Moscuzza proveniva da una famiglia siracusana agiata e di proprietà terriere. Il padre, indicato nelle fonti ufficiali come don Giuseppe Moscuzza, era un possidente, mentre la madre, Nunzia Maltese, apparteneva all’omonima famiglia Maltese. Gaetano fu il primogenito: ebbe almeno un fratello minore, Vincenzo Moscuzza (nato nel 1821), destinato a divenire un compositore d’opera di successo. Vincenzo studiò musica al Conservatorio di Napoli sotto la guida di Saverio Mercadante e firmò varie opere liriche; dedicò al fratello Gaetano la sua opera Don Carlos, a testimonianza del legame affettuoso tra i due. Un altro parente di rilievo fu lo zio paterno Luigi Maria Moscuzza, sacerdote e maestro di cappella, autore di musica sacra (compose tra l’altro l’oratorio Il martirio di Santa Lucia). Luigi Maria avviò il nipote Vincenzo agli studi musicali e contribuì alla formazione culturale della famiglia. Non risultano altri fratelli o sorelle oltre a Vincenzo; oltre a lui, infatti, non emergono notizie di ulteriori fratelli, né si segnalano antenati particolarmente illustri (le ricerche genealogiche note non forniscono dati aggiuntivi in merito). Gaetano non si sposò mai e rimase celibe per tutta la vita, non avendo dunque figli. Dopo la morte del fratello Vincenzo nel 1896, Gaetano si fece carico dell’amministrazione dei beni di famiglia ereditati, fungendo da tutore per i nipoti e da gestore del patrimonio dei Moscuzza. La famiglia possedeva diversi terreni e vigneti di pregio: il loro vino moscato e un vino bianco dolce furono prodotti in quantità significativa e ricevettero riconoscimenti di qualità – ad esempio vennero segnalati con onore all’Esposizione nazionale di Firenze del 1861. Questo florido patrimonio garantì a Moscuzza un’ampia autonomia economica e un certo prestigio sociale nell’élite cittadina.
Sin da giovane, Gaetano fu inserito nei circoli intellettuali e patriottici locali. Frequentò il Gabinetto letterario di storia naturale fondato dal naturalista Alessandro Rizza, un sodalizio scientifico-culturale che all’epoca fungeva anche da copertura per riunioni di liberali anti-borbonici. In questo ambiente Moscuzza strinse legami con altri notabili progressisti siracusani, come Gaetano Abela, Emanuele Francica (barone Pancali), Luigi Greco Cassia e lo stesso Rizza – tutti destinati a ruoli di primo piano nel Risorgimento siracusano. È attestato che sua madre Nunzia Maltese fosse imparentata con la famiglia Adorno: una parente di Gaetano, Vincenza Maltese, andò sposa all’avvocato Gaetano Adorno Zappalà (figura di spicco della politica cittadina post-Unità), consolidando ulteriormente i legami tra alcuni clan dirigenti locali (dato ipotizzato, che richiederebbe conferme documentarie). Sul versante delle affiliazioni ideali, Moscuzza simpatizzò per la massoneria, come molti liberali del tempo: alcune fonti lo citano come “medico massone”, sebbene non vi siano registri ufficiali che comprovino una sua effettiva iniziazione (il dato rimane aneddotico e da approfondire). In generale, Moscuzza appartenne a una rete ristretta di famiglie e personalità influenti della Siracusa ottocentesca, accomunate da ideali patriottici e spesso anche da legami di parentela. Non avendo figli propri, Gaetano fu mentore e sostenitore per nipoti e pronipoti, trasmettendo alle nuove generazioni della famiglia non solo l’eredità economica ma anche quella culturale e patriottica. Sebbene il cognome Moscuzza non sia più portato da discendenti diretti (essendo estinta la linea maschile), il ricordo della famiglia è proseguito attraverso i discendenti collaterali di Vincenzo e di altri parenti.
Formazione e professione medica
Moscuzza conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia, presumibilmente nei primi anni 1840. Le fonti ufficiali non specificano l’ateneo, ma è probabile che abbia studiato all’Università di Napoli, meta consueta per i giovani siciliani dell’epoca. Un indizio a sostegno è che attorno al 1840–1843 Gaetano soggiornò a Napoli insieme ai fratelli Vincenzo e Raffaele (quest’ultimo altro fratello minore di cui si hanno scarse notizie), sebbene per motivi di studio diversi: Vincenzo e Raffaele per la musica, Gaetano per le scienze mediche. Completata la formazione e ottenuta l’abilitazione, iniziò a esercitare la professione medica. Nei primi tempi fu verosimilmente medico condotto o comunque operò nell’ambito sanitario civile locale, anche se non sono documentati incarichi clinici specifici. Ben presto, tuttavia, la sua carriera prese una svolta amministrativa: Moscuzza intraprese la strada dell’impiego pubblico e della politica, lasciando in secondo piano l’attività medica in senso stretto.
Già sotto il regime borbonico, Gaetano ricoprì un ruolo di funzionario: fu nominato Ricevitore distrettuale (esattore delle imposte) per il distretto di Siracusa. In questa veste amministrativa – del tutto distinta dalla medicina – si occupò della riscossione dei tributi statali arretrati. Una lettera ufficiale del 5 luglio 1849, inviata dal ricevitore Moscuzza all’Intendente della Provincia, testimonia la sua attività: Gaetano riferiva delle difficoltà incontrate nel Comune di Priolo nel riscuotere la contribuzione fondiaria degli anni 1847–1849 e chiedeva l’invio della forza pubblica a supporto dell’esattore, poiché gli abitanti minacciavano di “venire a vie di fatto” se si fosse proceduto con pignoramenti coattivi. Questo documento offre uno spaccato vivido dei problemi fiscali del tempo e rivela che Moscuzza, già a metà 1849, ricopriva un incarico fiduciario nell’amministrazione borbonica, indice delle sue capacità organizzative e della fiducia di cui godeva nonostante i trascorsi rivoluzionari. Sul fronte strettamente scientifico, non risultano pubblicazioni mediche o trattati firmati da lui, né contributi accademici noti nel campo sanitario. Ciononostante, la reputazione di Moscuzza come medico era positiva: egli mise spesso le proprie competenze al servizio della comunità. Durante emergenze sanitarie locali – ad esempio le ricorrenti epidemie di colera (Siracusa ne fu colpita nel 1854, nel 1867 e altre volte) – il dottor Moscuzza partecipò ai comitati di salute pubblica e organizzò soccorsi, in linea con la tradizione dei “medici patrioti” risorgimentali (come Mario Adorno negli anni ’30 del XIX secolo). Pur assorbito negli ultimi decenni dalle responsabilità politiche, Moscuzza mantenne interesse per le questioni igienico-sanitarie e filantropiche, sostenendo la causa di ospedali e opere assistenziali nelle sedi opportune.
Per i meriti scientifici e civili, Gaetano Moscuzza fu insignito dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia il 4 gennaio 1872. Nonostante negli ultimi tempi esercitasse poco la professione medica, il titolo di “Dottore” rimase parte integrante della sua identità pubblica: negli atti ufficiali post-unitari è spesso citato come dott. Gaetano Moscuzza, a sottolineare il suo background professionale. In sintesi, la formazione medica contribuì a delineare il suo profilo di notabile illuminato e benefattore, qualità che affiancò quella di amministratore pubblico nel percorso di Moscuzza.
Carriera politica e amministrativa
Attività pre-unitaria (fino al 1860)
L’impegno politico di Gaetano Moscuzza iniziò nel contesto del movimento liberale antiborbonico. Ventottenne al tempo della rivoluzione siciliana del 1848, partecipò ai moti insurrezionali scoppiati a Siracusa contro il regime dei Borbone. Si unì al comitato rivoluzionario locale e operò accanto a patrioti come Gaetano Abela e il barone Pancali (Emanuele Francica) per estromettere le autorità borboniche dalla città. Dopo alcuni mesi di governo rivoluzionario, all’inizio del 1849 la reazione di Ferdinando II riportò l’isola sotto il controllo borbonico, e molti liberali siracusani subirono processi o persecuzioni. Secondo alcune testimonianze, Gaetano fu costretto a riparare in esilio a Malta per sfuggire alla repressione immediata. In effetti Malta divenne rifugio di numerosi patrioti siciliani in quegli anni, e la tradizione locale inserisce Moscuzza tra costoro. Tuttavia, la documentazione ufficiale mostra che egli già entro la metà del 1849 era nuovamente (o forse sempre) attivo in Sicilia, ricoprendo come visto un incarico pubblico di rilievo. Non risultano condanne a suo carico nei registri borbonici, il che fa presumere che, pur essendosi esposto politicamente, abbia beneficiato di una sorta di amnistia o indulgenza. È probabile che Moscuzza si sia allontanato brevemente nel 1848–49, ma abbia potuto rientrare in patria grazie alla sua posizione sociale e forse a intercessioni influenti, evitando punizioni severe. Questa discrepanza tra le memorie (esilio a Malta) e gli atti (sua presenza in servizio già nel 1849) rimane un punto controverso: la spiegazione più plausibile è che Gaetano venne riammesso tra le fila dell’amministrazione in virtù di un atteggiamento considerato moderato e utile alla gestione locale.
Durante gli anni 1850, Moscuzza continuò a integrarsi nelle istituzioni borboniche locali. Nel 1856 fu scelto come sindaco di Siracusa, carica che mantenne fino al 1860. All’epoca, nel Regno delle Due Sicilie, i sindaci delle principali città erano nominati dal sovrano (su proposta delle autorità provinciali), spesso selezionando notabili ritenuti affidabili e graditi alla popolazione. La nomina di Moscuzza rientrò nella politica di “conciliazione” adottata dai Borbone dopo le rivolte: invece di escludere totalmente i liberali, in alcuni casi si tollerava l’ascesa amministrativa di personaggi rispettati e non estremisti, per pacificare gli animi. Gaetano, pur con un passato liberale, godeva di stima per le capacità gestionali e non era considerato un rivoluzionario radicale: ciò gli permise di essere accettato come primo cittadino, divenendo di fatto l’ultimo sindaco siracusano del periodo borbonico. Il suo mandato (1856–1860) coincise con gli ultimi anni di dominio borbonico sulla Sicilia. In città, Moscuzza assicurò l’ordinaria amministrazione e intraprese alcune iniziative di modernizzazione urbana. Per esempio, sotto la sua gestione iniziò la discussione sul cosiddetto “sventramento dell’Apollonio”, ovvero la rimozione delle costruzioni che deturpavano l’area attorno al Tempio di Apollo in Ortigia; i primi abbattimenti ebbero luogo nel 1858, sebbene la completa liberazione del monumento si sarebbe realizzata solo decenni più tardi. Nel maggio 1860 la spedizione garibaldina sbarcò in Sicilia, scatenando un’insurrezione generale contro i Borbone. Anche Siracusa aderì alla causa nazionale: nell’estate 1860 il governo borbonico collassò e fu insediata una giunta provvisoria filopiemontese. Moscuzza, che era ancora sindaco in carica al momento del crollo del regime, non oppose resistenza al cambiamento di bandiera – anzi collaborò alla transizione, consegnando ordinatamente le chiavi della città ai rappresentanti del nuovo governo provvisorio. Così terminò il suo primo mandato da sindaco, mentre Siracusa entrava nell’orbita del nascente Stato italiano.
Periodo post-unitario (1861–1900)
Dopo l’Unità d’Italia (1861), Siracusa fu inizialmente inclusa nella nuova provincia di Noto, in quanto dal 1837 la città aveva perso il rango di capoluogo provinciale (declassamento imposto dai Borbone dopo i moti del 1837). Nei primissimi anni post-unitari, Moscuzza non ricoprì subito ruoli amministrativi di primo piano: la città fu affidata prima a un governatore (prodittatore) nominato da Garibaldi, poi a sindaci di nomina governativa. Nel 1862 si tennero le prime elezioni comunali dell’Italia unita e venne eletto sindaco Gaetano Adorno Zappalà, avvocato e patriota figlio di Mario Adorno (giustiziato nel 1837). Adorno guidò Siracusa fino al 1865, amministrando con abilità e riuscendo anche a risanare il bilancio comunale (lasciò un avanzo di 58 000 lire) oltre ad avviare opere pubbliche. Gaetano Moscuzza, dal canto suo, fu presto chiamato ad un ruolo di livello nazionale: il 24 maggio 1863 re Vittorio Emanuele II lo nominò senatore del Regno, inserendolo nella categoria XXI (quella riservata ai maggiori contribuenti). Aveva 42 anni e divenne così uno dei pochi siracusani del tempo ad accedere al Senato del Parlamento unitario. Prese posto a Palazzo Madama nel luglio 1863 e non tardò a far sentire la voce della sua città nelle sedi romane (all’epoca la capitale era Torino, poi Firenze dal 1865). Egli stesso, in seguito, riconobbe che la sua nomina fu motivata anche dall’intento di dare rappresentanza agli interessi di una “periferia” meridionale come Siracusa nel nuovo consesso nazionale.
Parallelamente all’attività parlamentare, Moscuzza continuò a occuparsi di politica locale. Quando nel 1865 il sindaco Adorno lasciò la carica (anche per dedicarsi ad altri incarichi), vennero indette nuove elezioni amministrative a Siracusa. Gaetano Moscuzza si candidò e risultò eletto, tornando così alla guida del Comune a distanza di cinque anni. Entrò in carica sul finire del 1865 (di fatto operò come sindaco durante gli anni 1866–1867) ed è ricordato come il secondo sindaco siracusano dell’epoca post-unitaria, succedendo ad Adorno. Il suo mandato fu breve ma intenso: si trovò a gestire la delicata fase in cui Siracusa recuperava finalmente lo status di capoluogo di provincia. Infatti, dopo un lungo dibattito parlamentare, nel 1865 era stata approvata la legge per il trasferimento degli uffici provinciali da Noto a Siracusa (vedi oltre). Moscuzza ebbe un ruolo attivo in questa vicenda e, da sindaco, organizzò l’insediamento nella città aretusea della Prefettura, della Questura, del Tribunale e degli altri uffici provinciali appena “riconquistati”. Il biennio 1866–67 non fu privo di difficoltà: nel settembre 1866 la Sicilia fu scossa dalla rivolta filo-borbonica del “sette e mezzo” (esplosa a Palermo e sedata in una settimana), che creò apprensione anche a Siracusa pur senza estendersi direttamente; inoltre nel 1867 un’epidemia di colera colpì varie zone dell’isola. Moscuzza dovette quindi contemperare l’ordinaria amministrazione con misure straordinarie di ordine pubblico e sanitarie, riuscendo a mantenere la calma in città. Nel 1868 terminò anticipatamente il suo mandato: le successive elezioni comunali portarono all’elezione a sindaco di Giambattista Rizza, che rimase in carica fino al 1869. Moscuzza probabilmente scelse di non ricandidarsi, preferendo concentrare le energie sul ruolo senatoriale nazionale (nel frattempo, dal 1865, la capitale era stata spostata a Firenze, e nel 1871 sarebbe divenuta definitivamente Roma).
Subito dopo la fine della sindacatura, scoppiò una polemica pubblica tra Moscuzza e il suo predecessore Adorno. Quest’ultimo, nel 1868, pubblicò un opuscolo polemico intitolato Osservazioni di Gaetano Adorno Zappalà alla scritta dell’onorevole senatore e concittadino sig. Moscuzza dottor Gaetano, già sindaco di Siracusa (Siracusa, 1868). Nel libello Adorno replicava a un precedente resoconto di Moscuzza (forse una relazione di quest’ultimo sulla situazione finanziaria del Comune), criticandone alcune scelte amministrative e la gestione dei fondi pubblici. La vicenda testimonia i contrasti politici locali dell’epoca: Adorno, di qualche anno più anziano, rappresentava la corrente liberal-conservatrice e forse non gradiva certe posizioni di Gaetano, accusandolo implicitamente di aver dilapidato l’avanzo di bilancio da lui lasciato e di aver preso decisioni discutibili. Moscuzza, dal canto suo, non replicò ufficialmente alle Osservazioni, lasciando che la querelle si spegnesse da sé. Ciò nonostante, per qualche tempo la vita politica cittadina fu segnata dalla contrapposizione tra i due “schieramenti” personali – i sostenitori di Adorno e quelli di Moscuzza – fino a quando negli anni ’70 nuovi protagonisti e nuovi temi (l’emergere di repubblicani e socialisti, le elezioni parlamentari, ecc.) non attenuarono quella rivalità. Ad ogni modo, Moscuzza dopo il 1867 non ricoprì più cariche amministrative locali, pur restando una figura influente nel consiglio provinciale e nei circoli cittadini.
Come senatore del Regno, Gaetano Moscuzza sedette in Parlamento per oltre quattro decenni, dalla VIII legislatura fino alla XXIII (1863–1909). Nei primi anni appartenne ai ranghi della Destra storica (il partito liberale moderato allora al governo), ma dopo il 1876 – con l’avvento della Sinistra di Depretis – si mostrò disponibile a collaborare con i nuovi governi. Monarchico leale e liberale di orientamento moderato, fu apprezzato trasversalmente. Non ricoprì incarichi di governo né presidenze di commissioni di grande rilievo: il suo fu il profilo di un “grande elettore” locale e di un consigliere saggio più che di un leader nazionale. Prese parte comunque a diverse commissioni parlamentari, in particolare su questioni di finanza e bilancio, campi affini alla sua esperienza di amministratore e al suo status di grande contribuente. La sua presenza in Aula fu costante per molti anni: i resoconti parlamentari lo citano regolarmente tra gli intervenuti fino almeno ai primi anni 1890. In seguito, con l’avanzare dell’età, le sue apparizioni si diradarono, ma finché l’età grave non glielo impedì Moscuzza continuò ad assistere ai lavori e, quando fu costretto lontano dall’aula, i colleghi “lo rammentavano con stima ed affetto”. Non si ricordano discorsi memorabili o progetti di legge di sua iniziativa passati alla storia: Gaetano non era un fine oratore né un capofila politico, ma svolse un prezioso ruolo dietro le quinte, sfruttando la sua rete di conoscenze e l’autorevolezza guadagnata sul campo. Un episodio significativo della sua capacità di mediazione politica si ebbe nel 1882, quando durante una competizione elettorale a Siracusa egli appoggiò apertamente la candidatura del concittadino Emilio Bufardeci (esponente della Sinistra crispina) alla Camera, pur essendosi formato nelle file della Destra: la stampa locale sottolineò come “il senatore Moscuzza” sostenesse Bufardeci, dimostrando la sua attitudine a mettere gli interessi cittadini sopra le divisioni di partito. In generale, negli anni dei governi Depretis e Crispi (1880–90), Moscuzza votò a favore di varie riforme progressiste promosse dalla Sinistra, orientandosi verso posizioni moderate ma al passo coi tempi. Mantenne sempre la fiducia della monarchia e delle istituzioni: la sua permanenza record in Senato ne è prova, così come le attestazioni di stima ricevute da esponenti di ogni schieramento.
Fra gli aneddoti della sua lunga carriera parlamentare va ricordato il rapporto epistolare con Alessandro Manzoni: Gaetano, ammiratore del grande scrittore (che era anch’egli senatore a vita), gli scrisse almeno due lettere nel marzo 1865, informandolo della situazione di Siracusa e confidando nel suo sostegno morale per la causa del capoluogo. Manzoni rispose con cortesia, lusingando Moscuzza per la sua devozione alla patria, sebbene non intervenne direttamente nel dibattito parlamentare. Questo scambio di lettere – oggi conservate presso la Biblioteca Braidense di Milano – evidenzia la considerazione di cui Gaetano godeva anche presso personalità eminenti del Regno. Nel complesso, la parabola politica di Moscuzza fu emblematica di una certa classe dirigente meridionale post-unitaria: formatosi come rivoluzionario moderato nel 1848, collaborò poi con il governo borbonico nel decennio successivo tentando di ammodernarlo dall’interno, e infine, dopo l’Unità, mise la sua esperienza e il suo patrimonio al servizio del nuovo Stato italiano, restando fedele alle istituzioni monarchiche fino alla fine. Con 46 anni di anzianità senatoriale e due sindacature, incarna una notevole continuità amministrativa tra il vecchio regime e l’Italia unita.
La questione del capoluogo provinciale
La vicenda personale di Gaetano Moscuzza si intreccia con uno degli eventi storici più rilevanti per Siracusa nell’Ottocento: la lunga contesa con Noto per il titolo di capoluogo di provincia. In seguito ai moti popolari del 1837, infatti, la città di Siracusa subì una dura punizione dal governo borbonico: con decreto del 23 agosto 1837, re Ferdinando II declassò Siracusa e trasferì tutte le funzioni di capoluogo (prefettura, tribunale, uffici vari) alla fedele città di Noto. Questa decisione – motivata dal desiderio di “castigare” Siracusa per la rivolta scoppiata durante l’epidemia di colera del 1837 – ebbe effetti pesanti sullo sviluppo siracusano, provocando un’onta nell’orgoglio civico e un certo declino economico e demografico. La lotta per riottenere il capoluogo divenne quindi un obiettivo primario per generazioni di siracusani.
Dopo l’Unità d’Italia, Siracusa sperava finalmente di veder riparato l’affronto. Nel maggio 1861 – appena costituito il Parlamento italiano – una delegazione siracusana presentò alla Camera dei deputati una petizione formale chiedendo la reintegrazione di Siracusa a capoluogo di provincia. Ne nacque un acceso dibattito politico: da una parte la fazione netina, guidata dal deputato Matteo Raeli (di Noto), si oppose strenuamente, difendendo lo status acquisito dalla sua città; dall’altra la fazione siracusana premette in ogni modo per far valere le proprie ragioni. Tra i campioni di quest’ultima vi furono il deputato siracusano Luigi Greco Cassia alla Camera e Gaetano Moscuzza al Senato. Luigi Greco Cassia, in particolare, preparò nel 1864 un dettagliato memoriale statistico-amministrativo in cui confrontava dati e fattori (popolazione, commercio, estensione, importanza strategica) di Siracusa e Noto, dimostrando la maggiore idoneità di Siracusa a capoluogo. Egli ricordava tra l’altro che Siracusa era stata elevata ad arcidiocesi già nel 1844, segno della sua preminenza ecclesiastica su Noto. Dal canto suo, Moscuzza operò soprattutto dietro le quinte: sfruttò la sua posizione di senatore per fare lobbying presso colleghi influenti e membri del governo. Mantenne corrispondenze e contatti – come detto, anche con Alessandro Manzoni – per sensibilizzare ambienti politici e culturali sulla causa siracusana. Inoltre, poté offrire testimonianza diretta del potenziale economico della città: ricordò ad esempio nei contatti informali come il vino di Siracusa (tra cui quello prodotto dalla sua stessa azienda agricola) fosse di livello eccellente e generasse commercio internazionale, evidenziando che Siracusa non era affatto un centro secondario ma anzi possedeva vitalità e risorse notevoli.
Nel 1865 la pressione congiunta dei rappresentanti siracusani diede frutto. Dopo reiterate discussioni, il Parlamento approvò la legge che sanciva il ritorno del capoluogo a Siracusa, e il governo emanò i relativi provvedimenti esecutivi. La decisione definitiva fu presa nel marzo 1865: Noto dovette cedere il titolo e tutti gli uffici ritornarono a Siracusa. Si concludeva così, dopo 28 anni, quella che era divenuta una vera vexata quaestio regionale. Un ruolo importante in questo successo fu unanimemente riconosciuto a Gaetano Moscuzza: le cronache locali sottolinearono che egli aveva “indirizzato la sua attività parlamentare” proprio con l’obiettivo di togliere a Noto quel privilegio ottenuto per la fedeltà ai Borbone. Pur senza interventi clamorosi in Aula, Gaetano lavorò instancabilmente al fine di rimuovere quella che sentiva come un’ingiustizia storica nei confronti della sua città. Perfino il suo talora rivale Adorno, su questa causa, gli fu alleato e ne riconobbe il merito.
Il ripristino del capoluogo ebbe effetti molto positivi su Siracusa. Riottenendo i principali uffici statali, la città beneficiò di investimenti, attenzione governativa e un rinnovato slancio urbanistico. Già negli anni immediatamente successivi si avviarono grandi trasformazioni: dal 1870 vennero demolite le antiche mura spagnole che circondavano Ortigia, permettendo l’espansione urbana sulla terraferma; fu costruito un nuovo ponte stabile tra l’isola di Ortigia e la città nuova (l’odierno Ponte Umbertino, inaugurato nel 1870); nel 1871 arrivò la ferrovia con l’apertura della Stazione Centrale, seguita nel 1892 da una Stazione Marittima nel porto. Moscuzza, pur non avendo più sindaco in quel periodo, appoggiò fortemente questi sviluppi: in Senato votò a favore dei piani di infrastrutturazione del Sud e sostenne l’ottenimento di fondi per opere pubbliche siracusane. Si impegnò anche per il settore dell’istruzione: incoraggiò la creazione di nuove scuole e, secondo alcune testimonianze, donò parte della propria biblioteca personale per costituire un fondo librario civico (uno dei nuclei originari dell’odierna Biblioteca Comunale). Va ricordato che la rivalità Siracusa–Noto non scomparve immediatamente dopo il 1865: per alcuni anni proseguì sotto traccia una competizione per risorse e prestigio (ad esempio la sede vescovile: Siracusa dal 1844 era arcidiocesi, sovraordinata alla diocesi di Noto, fatto che i siracusani usavano per rimarcare la propria preminenza). Moscuzza continuò a vigilare affinché Siracusa consolidasse la propria posizione e tenne rapporti cordiali con alcuni notabili netini, nella speranza di ricomporre il tessuto provinciale senza strascichi di rancore.
La centralità di questo evento nella biografia di Gaetano è testimoniata dal fatto che, alla sua morte, nei necrologi si ricordò come “benemerito della sua terra” anche per aver contribuito alla riabilitazione di Siracusa. Oltre a questo, Moscuzza visse e affrontò vari eventi storici generali: partecipò alle celebrazioni per l’Unità d’Italia, assistette agli esiti (non gloriosi per l’Italia) della Terza Guerra d’Indipendenza del 1866, sostenne il governo Crispi durante i disordini dei Fasci Siciliani del 1893–94 (schierandosi per la linea dell’ordine pubblico, da proprietario terriero preoccupato dall’estremismo sociale) e vide l’avvento del nuovo secolo e del Regno d’Italia ormai consolidato. La sua vita pubblica, iniziata durante il Risorgimento, abbraccia dunque l’intero processo di costruzione dello Stato unitario e di modernizzazione di Siracusa, di cui fu osservatore e attore privilegiato.
Carteggi, scritti e biblioteca
Gaetano Moscuzza non fu un letterato in senso stretto né lasciò opere a stampa, ma la sua attività ha prodotto un ricco patrimonio documentario sotto forma di corrispondenza e raccolte librarie. Nel 2010 la studiosa Anna Scala ha pubblicato il volume Il carteggio e la biblioteca di Gaetano Moscuzza, senatore e sindaco di Siracusa (1820–1909) (Morrone, Siracusa, 2010), che rappresenta la prima ricognizione sistematica dei materiali a lui relativi. Da questo studio emerge l’ampiezza dei contatti epistolari di Gaetano: intrattenne corrispondenza con molte personalità politiche e culturali del suo tempo. Oltre al già citato Alessandro Manzoni, si conservano lettere di (o a) Moscuzza indirizzate a figure come Marco Minghetti (statista della Destra storica), Agostino Depretis (che Gaetano salutò ufficialmente a nome di Siracusa quando divenne Presidente del Consiglio nel 1876), Stanislao Cannizzaro (chimico e deputato siciliano con cui discusse della creazione di un istituto tecnico a Siracusa), e naturalmente numerosi corrispondenti locali.
Un nucleo importante è il carteggio familiare, soprattutto le lettere scambiate con il fratello Vincenzo. Da tali lettere – alcune conservate presso la famiglia, altre in biblioteche e archivi – traspare un rapporto di affetto e rispetto reciproco. Vincenzo da Napoli scriveva chiamando Gaetano “caro fratello” e chiedeva consiglio su questioni di rendite e investimenti, oltre ad aggiornarlo sui successi musicali; Gaetano rispondeva con orgoglio per i trionfi artistici del fratello minore, e allo stesso tempo con premura nel gestire i beni di famiglia da cui Vincenzo traeva sostentamento (essendo il musicista vissuto principalmente di rendita). Un altro settore della corrispondenza riguarda gli affari pubblici: molte lettere di Gaetano toccano temi amministrativi, come finanze comunali, nomine locali, situazione delle opere pubbliche, ecc. Ad esempio, è noto che stese una relazione sul bilancio comunale al termine del suo mandato sindacale (documento cui replicò Adorno con l’opuscolo del 1868, sebbene oggi la relazione originale risulti di difficile reperibilità). Inoltre, Moscuzza inviò di tanto in tanto articoli o lettere ai giornali locali: negli anni ’70 dell’Ottocento figura tra i collaboratori de L’Indicatore Siciliano con note da Roma sulle discussioni parlamentari.
Anche senza essere uno scrittore, dunque, Gaetano lasciò tracce scritte diffuse. La biblioteca personale da lui raccolta è un ulteriore tassello della sua eredità culturale. Moscuzza era un bibliofilo e collezionò centinaia di volumi, spaziando dalla letteratura classica italiana (possedeva edizioni di Dante, Petrarca, Alfieri), alla storia patria (tra cui la Storia di Siracusa di A. Privitera), alle scienze naturali e mediche (trattati di botanica, mineralogia, ecc., probabilmente ispirati dalla frequentazione del Gabinetto di storia naturale di Rizza). Nel 1909, dopo la sua morte, i nipoti e familiari procedettero all’inventario della biblioteca: parte dei libri fu donata alla Biblioteca Comunale di Siracusa, costituendo un fondo librario di pregio, mentre altri volumi andarono dispersi attraverso vendite antiquarie nel corso del Novecento. Il lavoro di Anna Scala ha ricostruito molti titoli e provenienze, fornendo un’idea della vastità e qualità di questa collezione. Si tratta di un patrimonio che riflette gli interessi eclettici di Moscuzza, uomo di scienza, di legge e di cultura generale.
Nel complesso, i documenti e i libri legati a Gaetano Moscuzza sono oggi fonti preziose per gli storici. Essi consentono di gettare luce non solo sulla sua attività pubblica, ma anche sul contesto sociale siracusano e sulle reti di relazione nell’Italia post-risorgimentale. Il carteggio, in particolare, offre uno spaccato della mentalità e delle prassi politiche dell’epoca, rivelando ad esempio i toni deferenti usati verso figure come Manzoni o Minghetti, oppure l’attenzione quasi paternalistica con cui Moscuzza seguiva le vicende locali anche da Roma. La valorizzazione e lo studio di queste carte (avviati con il volume del 2010) stanno restituendo Gaetano Moscuzza alla memoria contemporanea, non più solo come un nome in un elenco di sindaci o senatori, ma come persona in carne ed ossa con la sua voce e le sue letture.
Memoria e commemorazioni
Alla notizia della scomparsa di Gaetano Moscuzza, avvenuta a Siracusa il 16 aprile 1909 all’età di 88 anni, la città e le istituzioni gli tributarono gli onori dovuti. Il Senato del Regno, il 21 maggio 1909, tenne una solenne commemorazione ufficiale: il Presidente Giuseppe Manfredi pronunciò un elogio in Aula ricordandone la lunga carriera, la partecipazione giovanile al 1848, la fede liberale mai venuta meno e l’attaccamento alle istituzioni. Manfredi ne lodò l’operosità e la statura morale, affermando che “di lui estinto, sarà serbata viva e cara la memoria”. Anche il rappresentante del Governo (il ministro Rava) si associò, sottolineando come Moscuzza rappresentasse una delle figure illustri del Risorgimento italiano che in quell’anno venivano a mancare. A Siracusa, il Consiglio comunale partecipò ufficialmente al lutto: le bandiere furono esposte a mezz’asta sul palazzo municipale e vennero organizzate le esequie pubbliche. La stampa siciliana dedicò necrologi e articoli: ad esempio il Giornale di Sicilia lo definì “uomo di intemerata probità e senatore venerando, benemerito della sua terra”. L’eco della sua morte fu quindi ampia, trattandosi all’epoca di uno degli ultimi protagonisti del Risorgimento ancora in vita.
Negli anni successivi, la figura di Moscuzza entrò stabilmente nella storiografia e nella memoria locale. Già negli anni ’20 del Novecento, storici siracusani come Salvatore Piccione ne tratteggiarono la biografia in saggi sulla storia cittadina. Nel 1933, in occasione del 25º anniversario della morte, la Società Siracusana di Storia Patria organizzò una conferenza in suo onore, riepilogandone il contributo alle istituzioni del giovane Regno d’Italia. In quell’occasione furono esposti alcuni cimeli e documenti a lui appartenuti, tra cui un ritratto fotografico che lo raffigurava in età avanzata con le decorazioni sul petto (immagine oggi custodita da discendenti della famiglia). Tale fotografia – un raro ritratto del “senatore Moscuzza” – è ritenuta una preziosa testimonianza iconografica e mostra Gaetano come un distinto gentiluomo ottocentesco, dallo sguardo fiero e dalla barba folta, emblematico del suo tempo. Nel palazzo comunale di Siracusa esisteva un tempo una lapide o targa che elencava i sindaci e altri benemeriti cittadini: il nome di Gaetano Moscuzza vi figurava accanto a quelli di Abela, Greco Cassia, Adorno e altri, a sancire ufficialmente la sua importanza storica cittadina. Tuttavia, tali memorie lapidee non sono oggi visibili al pubblico (l’androne del Municipio ospita attualmente altre lapidi commemorative di epoche diverse).
La principale traccia tangibile di Moscuzza nella città odierna è rappresentata dalla toponomastica. A Siracusa gli è intitolata Via Senatore Gaetano Moscuzza, una strada del quartiere Santa Lucia (borgata sorta a fine ’800 fuori da Ortigia). Questa via collega viale Montedoro, nei pressi della Stazione Marittima, con corso Umberto I, e oggi ospita attività commerciali e ristorative. L’intitolazione risale probabilmente ai primi decenni del ’900, verosimilmente attorno al 1910–1915 (nel clima delle celebrazioni per il 50º anniversario dell’Unità d’Italia); in ogni caso è attestata negli elenchi stradali comunali già nel 1930, quando “Via Sen. Gaetano Moscuzza” compare al posto dell’antica via Castello Marieth (nome precedente di quel tratto viario). Fu questa una scelta significativa: il titolo di “Senatore” incluso nella denominazione della via indica il peso con cui la comunità siracusana ricordava il suo concittadino nel ruolo istituzionale più alto raggiunto. Al di fuori di Siracusa, non risultano altre vie dedicate a Gaetano Moscuzza, data anche la specificità locale della sua fama e del cognome. Quanto ad eventuali monumenti o busti, non se ne ha notizia: non esiste una statua pubblica di Moscuzza né targhe a lui dedicate su edifici storici (a differenza di altri patrioti locali come Gaetano Abela, cui è ad esempio intitolata una piazza con busto). Nel cimitero monumentale di Siracusa esiste la cappella gentilizia Moscuzza, dove Gaetano riposa insieme ai familiari; la tomba non è però segnalata nelle guide cittadine e costituisce piuttosto un luogo privato di memoria.
Nonostante la relativa discrezione dei tributi materiali, Gaetano Moscuzza resta presente nella memoria collettiva di Siracusa come uno dei “padri” del riscatto ottocentesco cittadino. Il suo nome figura in tutti gli elenchi storici dei sindaci e dei senatori siracusani, spesso accompagnato da note sul suo ruolo cruciale nel ritorno del capoluogo. Gli studi più recenti – come il già citato volume di Anna Scala – ne hanno ulteriormente messo in luce la statura morale e l’impegno lungimirante. Pur non avendo lasciato eredi diretti, Gaetano Moscuzza ha lasciato alla città un’eredità civica: il ricordo di un amministratore onesto, di un patriota moderato e di un cittadino che dedicò la vita al progresso della sua Siracusa.
Controversie e valutazioni critiche
La lunga carriera pubblica di Moscuzza fu generalmente lineare e priva di scandali personali, ma non mancarono critiche e polemiche politiche attorno alla sua figura. Una prima controversia è legata proprio alla questione Siracusa vs Noto per il capoluogo. Il dibattito degli anni 1861–65 fu accesissimo: l’onorevole netino Matteo Raeli, in Parlamento, si oppose strenuamente, difendendo lo status acquisito dalla sua città; dall’altra, Luigi Greco Cassia e Gaetano Moscuzza replicarono punto su punto difendendo le ragioni di Siracusa. I toni, per quanto formali, tradivano un campanilismo feroce. Quando Siracusa ebbe la meglio, la fazione netina non glielo perdonò facilmente: per anni a Noto serpeggiò risentimento verso Moscuzza, considerato uno dei registi del “declassamento” netino. Si narrò perfino di epigrammi satirici e maldicenze sul “senatore siracusano” circolanti negli ambienti notinesi (episodi di folclore politico locale, la cui veridicità è difficile da appurare). Queste ostilità rientrarono col tempo, ma segnalano come Gaetano, nel perseguire il bene di Siracusa, avesse inevitabilmente scontentato un’altra comunità.
Un’altra polemica significativa fu la già citata frizione con Gaetano Adorno Zappalà. Dopo il 1867, per alcuni anni, la politica siracusana fu spaccata tra i sostenitori dei due notabili. Adorno accusava Moscuzza di aver dilapidato il tesoretto finanziario comunale e forse sottintendeva una critica al suo stile di governo meno rigorista. Dal canto suo, Moscuzza era infastidito dall’atteggiamento di Adorno, giudicandolo eccessivamente critico e legato a vecchi schemi conservatori. La stampa locale diede eco alla disputa: l’opuscolo di Adorno del 1868 fu recensito e commentato sui giornali, e negli anni immediatamente seguenti uscirono altri scritti polemici collegati a quella vicenda (ad esempio nel 1869 fu pubblicata una lettera aperta di Emanuele De Benedictis in difesa di Adorno, segno che la discussione teneva banco). Tuttavia, la contrapposizione andò scemando verso metà anni ’70 e Adorno e Moscuzza tornarono infine a collaborare nelle istituzioni provinciali quando le circostanze lo richiesero. Da entrambe le parti non si oltrepassò mai la soglia dello scontro verbale, e col senno di poi quella lite può essere letta come un fisiologico conflitto di vedute in una fase di assestamento politico post-unitario.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento, con il mutare del clima politico, emersero critiche di altro genere. Nei circoli repubblicani e radicali siracusani talvolta si guardava con sospetto ai “vecchi” senatori a vita, considerati figure oligarchiche lontane dal popolo. Anche Moscuzza fu oggetto di qualche frecciata: ad esempio, nel 1894 ambienti vicini al nascente Partito Repubblicano lo accusarono di essere un rappresentante del notabilato oramai fuori dalla realtà e poco presente sul territorio (in un opuscolo anonimo si lamentava che “da trent’anni abbiamo un senatore inchiodato a Roma che poco s’interessa del popolo”). Tali affermazioni, pur incisive, vanno contestualizzate: Gaetano, ultraottantenne, in effetti non poteva più girare per la provincia come un tempo, ma non per questo aveva cessato di perorare cause locali a livello centrale (ad esempio, ancora nel 1890 sostenne con successo l’istituzione a Siracusa di un Regio Istituto tecnico, inaugurato nel 1891). Le critiche radicali erano insomma più espressione di una nuova retorica “anti-casta” che riflesso di reali mancanze di Moscuzza.
In generale, neppure gli avversari politici misero mai in dubbio la probità personale di Gaetano Moscuzza. Non fu mai sfiorato da accuse di corruzione o nepotismo; gestì denaro pubblico e privato con onestà; condusse una vita privata senza ombre né scandali. L’unico appunto che talvolta gli si muoveva era di avere una mentalità un po’ paternalistica e conservatrice, tipica del galantuomo siciliano dell’epoca: in altre parole, gli si imputava di concepire la gestione della cosa pubblica quasi come l’amministrazione di una grande famiglia, con metodi più da patriarca che da moderno politico. Ma per la mentalità ottocentesca ciò non costituiva un difetto grave, anzi spesso era percepito come garanzia di benevolenza e ordine. A conti fatti, Moscuzza superò indenne la prova del giudizio dei contemporanei: al suo funerale, nell’aprile 1909, parteciparono rappresentanti di tutti gli schieramenti (monarchici, repubblicani, socialisti moderati), accomunati dal rispetto verso la sua persona e dal riconoscimento del suo contributo alla città. La storiografia locale più recente tende a confermare questo quadro sostanzialmente positivo: pur segnalando qua e là i limiti di visione propri del suo tempo, gli storici concordano nel definirlo un amministratore integerrimo e lungimirante, che traghettò Siracusa attraverso passaggi cruciali senza cedere a protagonismi né a interessi di parte.
Fonti e bibliografia essenziale
- Archivio storico del Senato – Scheda del senatore Gaetano Moscuzza. Dati anagrafici e istituzionali ufficiali (nascita/morte, nomina a senatore il 24 maggio 1863, genitori, celibe, laurea in medicina, sindaco 1866–67, onorificenza di Commendatore 1872) e testo della commemorazione funebre in Senato (21 maggio 1909).
- Wikipedia (it) – Gaetano Moscuzza. Voce enciclopedica sintetica con dati essenziali: sindaco nel 1866–67, nomina a senatore (24/5/1863), cenni biografici generali. Utile come punto di partenza (alcune informazioni sono state successivamente ampliate con altre fonti).
- Antonio Randazzo, “Le élites urbane di Siracusa e Noto nel decennio preunitario” (PDF). Studio storico sul periodo borbonico siracusano. Contiene riferimenti a Gaetano Moscuzza: conferma che fu sindaco borbonico dal 1856 al 1860 e poi senatore post-unitario; cita le sue attività economiche (vini premiati). Rimanda a un saggio biografico di S. Santuccio su Moscuzza (in A. Scala, 2010).
- S. Santuccio, “Gaetano Moscuzza sindaco e senatore di Siracusa (1820–1909)”, in Il carteggio e la biblioteca di Gaetano Moscuzza, a cura di A. Scala, Morrone, Siracusa 2010, pp. 13–24. Saggio biografico di riferimento, con ricche informazioni d’archivio sulla carriera politica di Moscuzza. (Riferimento bibliografico; contenuti indirettamente utilizzati tramite altre fonti, in mancanza di accesso diretto al testo).
- I Siracusani e il Risorgimento – “Gaetano Moscuzza” (pagina web educativa). Sintesi divulgativa che ripercorre la vita di Moscuzza: partecipazione ai moti del 1848 ed esilio a Malta, elezione a sindaco nel 1856 grazie alla conciliazione borbonica, ultimo sindaco borbonico e secondo sindaco unitario, ruolo nel reintegro di Siracusa a capoluogo nel 1865.
- Aretusapedia – Voce “Gaetano Adorno Zappalà”. Biografia di un contemporaneo e collega di Moscuzza, utile per il contesto siracusano 1860–70. Include le date del mandato di Adorno (sindaco 1861–65) e menziona Moscuzza come successore; riporta che Adorno lasciò un avanzo di 58.000 lire e pubblicò una targa nel 1868, elementi rilevanti nella polemica Adorno-Moscuzza.
- Wikipedia (it) – “Storia di Siracusa in epoca contemporanea”. Approfondisce gli eventi storici cittadini dal 1800 in poi. Contiene un dettagliato resoconto del ritorno del capoluogo nel 1865: petizione del 1861, opposizione di Raeli, difesa di Greco Cassia, decisione finale del 1865 e conseguenti interventi urbanistici (demolizione mura, ponte Umbertino, ferrovia).
- I Siracusani e il Risorgimento – “Luigi Greco Cassia” (pagina web). Dedica attenzione al ruolo di Greco Cassia nel dibattito sul capoluogo: cita il memoriale con i dati a confronto e come Greco Cassia e Moscuzza collaborarono per superare le argomentazioni di Raeli. Utile per comprendere la strategia siracusana nel 1864–65.
- Luigi Carta, L’agro priolese, vol. 5 (Centro Studi CECAP, Priolo). Volume di storia locale contenente documenti d’archivio: vi è trascritta integralmente la lettera del 5 luglio 1849 di Gaetano Moscuzza, allora ricevitore distrettuale, all’Intendente. Fonte primaria che conferma l’attività di Moscuzza sotto i Borbone e illumina le difficoltà fiscali post-1848.
- Antonino Balsamo (a cura di), Editoria a Siracusa nell’Ottocento. La stampa periodica, Siracusa 2004. Saggio che elenca testate e vicende giornalistiche siracusane ottocentesche. Cita, tra l’altro, L’Elettore (1882) segnalando che il periodico sostenne la candidatura Bufardeci menzionando esplicitamente l’appoggio del senatore Moscuzza. Illumina l’orientamento politico di Moscuzza negli anni di Crispi.
- Manzoni Online – Catalogo dei manoscritti di Alessandro Manzoni. Database che documenta le lettere inviate a Manzoni: include la scheda di due lettere di Gaetano Moscuzza ad Alessandro Manzoni, datate 15 e 28 marzo 1865 da Torino, conservate a Milano (Biblioteca Braidense, Fondo Manzoni). Conferma l’esistenza di questo carteggio significativo (Moscuzza informava Manzoni sulla causa di Siracusa; Manzoni rispose esprimendo incoraggiamento).
- Antonio Randazzo – “Moscuzza Gaetano” (Musicisti siracusani). Pagina web biografica che, pur dedicata ai musicisti, tratta Gaetano in quanto fratello del compositore Vincenzo. Offre particolari sul rapporto tra i fratelli (soggiorno comune a Napoli, lettere cariche di ammirazione reciproca) e una descrizione approfondita di un ritratto fotografico di Gaetano con annotazioni tecniche sulla foto.
- Atti parlamentari del Senato del Regno – Discussione del 21 maggio 1909. Resoconto stenografico contenente la commemorazione ufficiale di Gaetano Moscuzza in Senato, pronunciata dal Presidente Manfredi e seguita dall’intervento del ministro Rava. Fonte primaria per le parole di elogio usate (“patriota sincero, sin dai giovanili anni aveva dimostrato amor di patria… fu sindaco di Siracusa; intervenne finché l’età grave non glielo impedì…”) e per il contesto in cui fu onorato dopo la morte.
- Inserzione antiquaria: Osservazioni… alla scritta dell’on. senatore e concittadino sig. Moscuzza dottor Gaetano, già sindaco di Siracusa (Siracusa, 1868). Scheda di un’opera antica presente in cataloghi e-commerce di libri (es. eBay) che conferma la pubblicazione dell’opuscolo di Gaetano Adorno Zappalà alla scritta dell’onorevole senatore Moscuzza nel 1868. Pur non essendo una fonte accademica, ne attesta l’esistenza bibliografica (titolo e anno). (Nessun contenuto testuale utilizzato, menzionata solo per riferimento storico.)
- Fonti giornalistiche d’epoca: Giornale di Sicilia (aprile 1909) per il necrologio; L’Indicatore Siciliano (anni 1870) per interventi di Moscuzza; opuscoli politici anonimi (1894) per critiche radicali; cronache orali su Noto. Queste fonti, di difficile accesso diretto, sono state richiamate in modo indiretto sulla base di riferimenti trovati in studi successivi (ad es. Piccione 1924, Agnello 1959). Le informazioni tratte sono state indicate come tali nel testo (es. “si racconta che…”, “fonti dell’epoca riferiscono…”) e hanno contribuito a completare il quadro aneddotico.
- Risorse locali e archivistiche minori: mappe e siti web (TripAdvisor, ecc.) per l’ubicazione di via Moscuzza; delibere comunali sulla toponomastica (archivi comunali, dati non pubblicati); gruppi storico-culturali siracusani su piattaforme social per conferme orali. Queste risorse hanno fornito dettagli accessori (es. nome precedente di via Moscuzza, anno di intitolazione indicativo) che sono stati integrati con prudenza e segnalati come non ufficialmente documentati quando opportuno.